Da qualche settimana la casa editrice Graphe.it ha pubblicato Breve storia della letteratura rosa di Patrizia Violi, giornalista e autrice che collabora, tra l’altro con la 27esimaora, Futura e La Lettura del Corriere della Sera.
Il saggio – un lavoro probabilmente unico nel suo genere – attraversa tutta la narrativa rosa dagli albori a oggi, conducendo il lettore all’interno di un prolifico e prospero settore editoriale che, sebbene abbia le sue scaturigini in grumi narrativi già presenti nelle favole, come Cenerentola, nell’immaginario collettivo è, invece, spesso stigmatizzato e disprezzato. Il libro, che restituisce anche un completo repertorio di trame e autrici, ha il pregio di mettere in correlazione le trasformazioni sociali con quelle di un genere, il genere rosa appunto, che sembra essere cartina di tornasole di ogni trasformazione storica che intercetti le dinamiche relazionali e sentimentali tra i sessi.
Violi, inoltre, non si limita esclusivamente al mercato editoriale italiano ma, perlustrando anche fortunate serie televisive e ogni rifrazione contemporanea nel mondo digitale, ricostruisce la parabola esistenziale del genere rosa a livello globale, cercando di approfondire in maniera puntuale i dettagli dello storytelling sentimentale. Insomma, Breve storia del genere rosa è una vera e propria lente d’ingrandimento, atta ad osservare importanti mutamenti sociali: dalle storie d’appendice di Carolina Invernizio al post femminismo della chick- lit, per arrivare all’erotismo delle Cinquanta sfumature e alla fan fiction di Anna Todd. Per saperne di più, raggiungiamo telefonicamente Patrizia Violi.
Nell’introduzione al suo lavoro “Breve storia della letteratura rosa” mette in evidenza che, nonostante le vendite e i best seller, i romanzi rosa sono stati sempre considerati prodotti di serie B. Come spiega questa circostanza?
Nasce da una discriminazione di genere perché il rosa è da sempre considerato roba da donne. Anzi “merce per donne e domestiche”. Anche se quello che viene considerato il prototipo di questo genere Pamela o la virtù premiata è stato scritto nel 1740 da un uomo, Samuel Richardson. Anche successivamente dietro pseudonimi si nascondevano firme maschili, poi è stato il materiale dell’esordio letterario di Giorgio Scerbanenco. Carolina Invernizio, prolifica autrice di feuilleton, verso la fine Ottocento, fu definita da Antonio Gramsci “onesta gallina della letteratura” e il termine “casalinga di Voghera”, per definire una donna qualunque di modesto intelletto, nasce in riferimento ai suoi natali. Insomma, raccontare sentimenti, emozioni e passioni è sempre stato guardato con sospetto e snobismo. E il fatto che questi libri diventassero best seller ha fomentato il disprezzo. Certo il fenomeno Harmony non può considerarsi letteratura ma non tutto il canone del rosa merita lo stesso dispregio.
Un capitolo del suo saggio è dedicato alle scrittrici degli anni Venti/Trenta del seoclo scorso. Tra queste c’è Mura, al secolo Maria Assunta Giulia Volpi Nannipieri, autrice trasgressiva e di successo, che nel 1919 pubblica con l’editore Sonzogno il romanzo Perfidie, dedicato a un amore tra donne. Ci può raccontare qualcosa in più su questo caso editoriale così unico per i suoi tempi?
Mura, era un’autrice molto trasgressiva e avanti rispetto ai tempi. Durante il periodo del fascismo in cui il romanzo rosa veniva usato come strumento di propaganda, per crescere le giovanette come future madri e spose, Mura (Bologna 1892- Lipari 1940) totalmente controcorrente, invece era molto coraggiosa, sceglieva di descrivere le sue protagoniste come donne consapevoli del proprio desiderio sessuale. Fu la prima a raccontare la vanità, a indugiare sui processi di vestizione per prepararsi a un incontro amoroso, a parlare di fascino, bellezza, seduzione. Liala la lesse e ne vampirizzò le invenzioni letterarie che ripropose un po’ edulcorate. Lo stile di questa autrice era sempre molto enfatico, nel 1919 con Perfidie (ripubblicato da Sonzogno nel 2002) scandalizzò e vendette moltissimo allarmando i benpensanti. Afferma la protagonista, Sibilla, nell’introduzione: «Amo le donne. Mi appassionano. Mi interessano. Sono il più bell’esempio di semplicità umana attraverso una rete complicata di stati d’animo… Le studio. Se posso le perverto…». Purtroppo, non andò a finire bene, fu messa al bando da Mussolini e fatta seguire dalla polizia segreta. Morì in un incidente aereo, sopra le Eolie, al ritorno di un viaggio in Africa con il suo amante.
La storia del romanzo rosa incontra, poi, l’attenzione del mondo Lgbt nei romanzi pubblicati alla fine degli anni ’90. Penso soprattutto ai romanzi di Sophie Kinsella (I love shopping), in cui è presente ed è centrale il personaggio lesbico. Come avviene questo incontro tra l’universo rosa, ormai emancipato, e la cultura Lgbt?
La galassia rosa ha avuto un’importante evoluzione con la chick lit, che ha origini piuttosto “nobili”, rispetto ai natali popolari della letteratura rosa più classica. Infatti, è nata nel 1995 da un esperimento letterario creato nel corso di scrittura creativa dell’Università dell’Illinois a Chicago. Il compito era di creare racconti in un’ottica post-femminista. Dove appunto le donne non erano più le inette del romanzo rosa classico, non passavano la vita a farsi belle e conservare la virtù per un fantomatico principe azzurro. Ne sono nati tanti racconti ironici e realisti dove le protagoniste sono imperfette, buffe, sessualmente attive e soprattutto solidali le une con le altre. Questa sorellanza comprendeva invariabilmente anche un amico/a gay, ritroviamo questo personaggio anche in Sex and the city, in Bridget Jones e in tanti altri romanzi meno famosi. Spesso è il miglior confidente della protagonista, pronto ad ascoltarla, consigliarla e sopportarla nel corto circuito amoroso. A volte è una descrizione un po’ stereotipata, ma rispecchia comunque un’apertura più attuale e realistica verso la sessualità.
Nel suo saggio propone ai lettori una rapida e ricca carrellata di autrici e libri che ci conduce fino alle ultime pubblicazioni rosa, intercettando anche la saga di Cinquanta sfumature di E.L. James e i lavori di Anna Todd. Com’è cambiato l’immaginario sentimentale legato al mondo femminile nell’ultimo secolo? È possibile misurare il processo di emancipazione della donna e della società attraverso le trame e i personaggi della letteratura rosa?
Direi di sì. Da un punto di vista erotico sentimentale c’è stata un’evoluzione dopo gli anni ’70 in seguito alle rivendicazioni femministe e quindi la donna, anche nei romanzi rosa, ha acquisito il diritto ad amare, non solo sognando e sospirando, ma con una consapevolezza fisica. Negli anni’80 sono sbarcati anche in Italia gli Harmony, con tutti i loro sottogeneri, in cui l’erotismo è stato sdoganato ma in maniera molto implicita. Famose e molto ridicolizzate certe descrizioni dettagliatissime sui preliminari, ricchi di sostantivi e aggettivi ridondanti e un po’ assurdi. Le donne più “vere” e moderne sono state quelle della chick lit, ma poi all’inizio degli anni 2000 c’è stata un’inaspettata involuzione. È tornato lo schema classico del rosa con la protagonista, ingenua e insicura, che aspetta di essere salvata dall’amato, divenuto più sexy e intrigante nella versione bad boy. Modello che troviamo modulato in varie salse nelle saghe di Twilight, Cinquanta sfumature e After. Semplificando si tratta sempre della vecchia Cenerentola in versione molto hot.