Eurocentralasian Lesbian* Community – EL*C, il prestigioso network a carattere intersezionale, lesbico e femminista, ha oggi aderito alla campagna nazionale italiana Da’ voce al rispetto per una buona legge contro l’omo-lesbo-bi-transfobia e la misoginia. Eccone il comunicato ufficiale in traduzione italiana dall’inglese:
Elisa Pomarelli era una donna lesbica italiana, uccisa l’anno scorso da un uomo che lei aveva rifiutato. Il processo è cominciato questo mese e il giudice non ha considerato il caso come femminicidio. Come conseguenza, l’assassino verrà giudicato con rito abbreviato e se trovato colpevole avrà lo sconto di un terzo della pena. L’organizzazione femminista locale Non una di meno Piacenza ha denunciato che, quando le vittime sono mogli o partner degli assassini, i casi sono riconosciuti come femminicidi e il rito abbreviato è escluso.
«Mi sembra una definizione di femminicidio molto limitata – ha dichiarato Ilaria Todde dell’Eurocentralasian Lesbian* Community – ed è preoccupante. Mi chiedo: Le donne lesbiche ammazzate da amici, parenti o altri uomini in quanto lesbiche sono protette allo stesso modo che le altre donne? È scioccante perché in questo caso la matrice lesbofobica era davvero chiara».
In questo momento, il Parlamento italiano sta discutendo una legge che introduce una circostanza aggravante per i crimini con moventi omolesbobitransfobici e misogini. Ilaria Todde aggiunge: «La destra sta cercando di far apparire questa legge come un attacco alla libertà di espressione, quando in realtà si tratta di offrire piena protezione alle persone Lgbti+. È troppo tardi per Elisa ma questo caso mostra chiaramente che l’approvazione di questa legge è particolarmente urgente. Come organizzazione europa, vediamo spesso che questo tipo di lacune legislative hanno effetti particolarmente negativi sulle lesbiche, sulle donne bisessuali e sulle persone trans che essendo esposte alla violenza in modo intersezionale sono anche particolarmente esposte a questo vuoto di tutele, come il caso di Elisa pare dimostrarci. Insieme alla campagna italiana Da’ voce al rispetto, che chiede l’approvazione della legge contro i crimini d’odio misoginia e omolesbobitransfobici, EL*C insiste perché le autorità italiane modifichino le leggi e le procedure giudiziarie e risolvano finalmente il problema dell’invisibilizzazione dei crimini lesbofobici».
E proprio a Ilaria Todde ha rivolto alcune domande per Gaynews l’intellettuale lesbica Paola Guazzo, componente della rete Lesbicx e del comitato di Da’ voce al rispetto.
Ilaria, in cosa consiste secondo te un’eventuale aggravante lesbofobica?
La lesbofobia è l’odio nei confronti delle lesbiche in quanto donne (o percepite tali) che hanno un orientamento sessuale non rispondente alla norma, dove la norma, specialmente per le donne, è l’eterosessualità. Si tratta di un odio che come misoginia, omofobia, bifobia e transfobia, ha le sue radici nell’eterosessismo della società patriarcale a cui vanno aggiunte l’invisibilizzazione delle lesbiche e al contempo la loro “ipersessualizzazione” in un immagiario al servizio dell’uomo eterosessuale. Per questo la lesbofobia si declina in modi specifici. Sono lesbofobici gli stupri “correttivi” (recentemente un caso a Parigi) e i femminicidi come quello di Elisa Pomarelli che si fondano sul rifiuto di un uomo da parte di una donna lesbica, così come i casi di coppie di donne aggredite perchè si rifiutano di baciarsi di fronte a degli uomini (si veda per esempio l’aggressione a Londra nel 2019).
È stato contestato, anche da parte di alcune femministe, il fatto che l’aspetto penale del ddl Zan deleghi al sistema giuridico punitivo una questione che andrebbe affrontata socialmente. Tu che ne pensi?
Sicuramente la misura penale da sola non basta. La legge Mancino (che il ddl Zan vuole emendare) esiste da anni e copre crimini basati su razzismo e l’intolleranza religiosa che di sicuro nel nostro paese non sono scomparsi. è necessario dunque soprattutto lavoro culturale e sociale e questo è riconosciuto nel ddl Zan che prevede infatti misure per la sensibilizzazione sociale e il sostegno alle organizzazioni che si occupano di omolesbobitransfobia, mi pare un ottimo approccio. Nello specifico sulla lesbofobia, è purtroppo ancora necessario un lavoro di sensibilizzazione sul fenomeno tout court, specialmente con i media. Quando i giornali parlarono del caso Pomarelli ci fu un enorme imbarazzo nel riportare l’orientamento sessuale della vittima e in generale si fa ancora un’enorme fatica anche solo a usare il termine lesbica sui giornali e in televisione. Questa invisibilizzazione non ci protegge, anzi come mostrano gli sviluppi di questo caso, fa il gioco dei nostri oppressori.
Alla luce della recente repressione polacca delle persone Lgbt, che ha l’appoggio governativo nel’assenso tacito dell’episcopato, pensi che dotarsi di una legge italiana potrebbe comunque segnare un punto preventivo anche sul piano della prevenzione di politiche repressive nel nostro paese?
Assolutamente sì. Simone de Beauvoir diceva che basta una crisi economica, politica o religiosa perchè i diritti delle donne vengano messi in discussione, che bisogna dunque sempre rimanere vigili e non considerarli mai come “diritti acquisiti”. Questo è vero in realtà non solo per le donne ma per tutte le identità in lotta con il patriarcato e dunque per tutte le persone Lgbti+. Il caso della Polonia (il cui governo, lo ricordo, oltre a reprimere brutalmente le persone Lgbti+, vuole anche ritirare il paese dalla convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne), così come le leggi transfobe approvate in Ungheria nel pieno della pandemia, ci mostrano proprio che la regressione è sempre in agguato. Una legge come quella proposta nel ddl Zan sicuramente ci aiuta a esercitare quella vigilanza di cui parlava Beauvoir e a provare a resistere a derive che anche nel nostro paese sono tutt’altro che impossibili.
Se potessi immaginare emendamenti specifici per le lesbiche cosa scriveresti?
Credo che sia già estremamente positivo che il testo di legge parli espressamente di “lesbofobia” perchè uno dei grandi problemi è proprio l’invisibilizzazione di questo fenomeno e dunque ancora una volta l’invisibilizzazione delle vite lesbiche. È anche importante vigilare sull’applicazione di questa legge, soprattutto sulle misure “sociali”. Sarà fondamentale che ci sia attenzione verso il vissuto delle donne non eterosessuali per esempio nella strategia triennale nella raccolta dei dati. E sarà fondamentale che i fondi siano distribuiti equamente su progetti che riguardano tutte le identità dell’acronimo e che interventi specifici contro la lesbofobia non vengano trascurati. Andando oltre il ddl Zan e tornando al caso Pomarelli, se, come pare, l’esclusione del rito abbreviato per femminicidio è applicabile solo ai casi in cui la vittima è moglie o partner dell’assassinio rischiamo di essere di fronte a una definizione di femminicidio estremamente dubbia e sarebbe auspicabile una revisione di questa disciplina perché di fatto si verrebbe a creare un regime diverso per i femminicidi con vittime donne lesbiche se confrontate con i femminicidi di donne in relazioni eterosessuali.