Anche la Regione Abruzzo si prepara a discutere una legge regionale contro le discriminazioni da orientamento sessuale e identità di gente. Il testo, preparato da Articolo 1, è stato presentato da Marinella Sclocco, assessora regionale con delega alle Politiche sociali, e da Mario Mazzocca, sottosegretario alla presidenza della Giunta regionale. Il progetto di legge segue l’organizzazione di una serie di tavole e dibattiti, a cui hanno partecipato le associazioni Lgbti abruzzesi e le istituzioni. Esso ricalca sostanzialmente quello presentato e recentemente approvato in Umbria.
Ne parliamo nel dettaglio con Leonardo Dongiovanni, presidente di Arcigay L’Aquila.
Leonardo, quali sono le caratteristiche principali della proposta di legge contro l’omotransfobia che sarà discussa in Regione Abruzzo?
In sostanza, nei limiti delle proprie competenze, la Regione Abruzzo, in ottemperanza agli articoli 2, 3 e 21 della Costituzione e 2 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, discuterà il varo di una legge regionale che vuole rispondere alle esigenze della comunità Lgbti in fatto di tutela e prevenzione relativamente alle aggressioni omotransfobiche. Nella proposta di legge è prevista anche l’introduzione di un Osservatorio regionale sulle discriminazioni di genere e sull’omofobia e la possibilità per la Regione di costituirsi parte civile in casi di violenze omotransfobiche di particolare rilevanza e impatto sociale.
Quali sono gli elementi do continuità e frattura tra questa proposta di legge regionale e quella nazionale firmata da Ivan Scalfarotto?
Il confronto con la proposta di legge Scalfarotto è inappropriato perché non si può paragonare una legge nazionale e una regionale in quanto sono diverse le competenze. Certo, come per l’elaborazione della “Scalfarotto”, dobbiamo tenere conto che, anche nel nostro caso, questa proposta di legge deriva da una serie di incontri con le istituzioni e le forze politiche in modo tale che possa essere approvata da un’ampia maggioranza. Nella proposta di legge Scalfarotto si arrivò però a un livello di mediazione talmente eccessivo che probabilmente è stato meglio che quel ddl non sia mai diventato realtà perché avrebbe costituito soltanto un rallentamento rispetto alle reali esigenze della comunità Lgbti. È singolare che nel 2017, in un Paese europeo, si debba trovare sempre un contentino e si debba sempre ampliare lo specchio dell’approvazione per portare avanti le nostre battaglie.
Credi che il dibattito a livello locale possa accelerare anche una discussione a livello nazionale?
Io sono convinto che, attraverso questa serie di provvedimenti regionali, si possa stimolare il dialogo nazionale. D’altronde è stato così anche per le unioni civili. Si parte dal piano più basso delle amministrazioni locali e si arriva in parlamento.È una strategia vincente. Certo anche per le unioni civili abbiamo dovuto accettare delle mediazioni che hanno abbassato il livello delle nostre aspettative e della nostra soddisfazione. Cioè non abbiamo ancora raggiunto la vera uguaglianza tra persone omosessuali e persone eterosessuali. Detto questo, sollevare un dibattito nazionale è certamente utile, visto l’attuale situazione parlamentare che non è certo delle più favorevoli. Quindi, le proposte di legge regionali rappresentano un momento importante per dare risposte almeno a livello territoriale.
Di fatto, in assenza di determinati presupposti, queste leggi regionali possono dar voce e dignità a quelle persone Lgbti che vivono in territori più esposti alle violenze e alle discriminazioni.
Sono passati diversi anni da quando hai iniziato le tue battaglie per la comunità Lgbti. Come è cambiato il nostro Paese in questi ultimi anni?
Sono cinque anni da quando ricopro la mia carica in Arcigay e di cambiamenti ne ho visti e vissuti tanti. Quando ho mosso i primi passi nella militanza erano i tempi del berlusconismo, che speriamo non torni. Il Paese è cambiato e, anche rispetto alle unioni civili, abbiamo visto un Paese unito ma diviso al tempo stesso. Tutto il dibattito che abbiamo vissuto in quei giorni, anche all’interno delle associazioni, è stato infarcito – a mio parere – da un eccessivo buonismo e proprio per questo oggi dobbiamo essere motivati a rivendicare le istanze del matrimonio egualitario e di una legge contro l’omotransfobia.
Io non ho una grande fiducia nei confronti della politica istituzionale e ritengo che all’interno di questo percorso tutte le persone Lgbti debbano ricordare le proprie origini e ricordare tutte quelle persone che con la propria lotta ci hanno permesso di arrivare dove siamo arrivati, evitando di essere troppo blanditi dalle carezze di una politica a cui interessa solo il nostro consenso. Ed è per questo che le persone Lgbti dovrebbero fare fronte compatto contro questa fascistizzazzione dilagante nel nostro Paese. Fascistizzazione che temo possa presto coglierci impreparati.
In conclusione, io credo che noi attivisti Lgbti abbiamo una grande responsabilità: arginare i processi di normalizzazione e volgarizzazione delle nostre battaglie. Questo è ciò che dobbiamo evitare a tutti i costi, sperando in tempi migliori.