Il bello di quando si scrive di arte è potersi sbizzarrire con gli aggettivi, purché pertinenti, ben inteso, per descrivere la realtà. Una deroga a uno dei principi di chi fa il mestiere giornalistico secondo cui si deve essere invece parsimoniosi e oculati. Cosa c’è di meglio di un’inaugurazione di uno spazio d’arte espositivo per tratteggiare come un pennello su foglio bianco quello che si vuole raccontare?
\r\n
L’occasione c’è ed è anche ghiotta. Perché di aggettivi di continuità e contrapposizione ce ne sono davvero parecchi come anche la possibilità di rimandi storici e cinematografici. Un continuo dentro fuori tra realtà e rappresentazione, vuoti e pieno di spazi in disuso che vengono “presi” e “posseduti” da presenza, storia e contemporaneità.
\r\n
Quadraro, periferia sud di Roma, il quartiere nato nel ‘900 per volontà di Mussolini, quasi subito dopo Cinecittà, e destinato alle dimore delle maestranze cinematografiche. Un tempo esso era chiamato “nido di vespe”. Chi ha vissuto il Ventennio, sa bene il perché: il sottosuolo ricco di grotte, infatti, era il nascondiglio dei partigiani, luogo della Resistenza antifascista. Proprio al Quadraro la repressione fascista fu tra le più brutali con un grandissimo rastrellamento nel ’44 che impiegò un elevatissimo numero di mezzi e uomini e che fece purtroppo un alto numero di prigionieri.
\r\n
In questo luogo storico, di lontananza fisica dal centro, ma protagonista della storia, poco lontano dal Parco degli Acquedotti e dalla fermata metro di Porta Furba apre un nuovo spazio artistico indipendente, resistente, un modo diverso di fare cultura e arte che vuole ricollegarsi da testimone attivo a questo territorio.
\r\n
Al secondo piano di una palazzina degli anni ’50 un appartamento attualmente disabitato viene occupato dall’arte e apre le sue porte a due eventi in uno: inaugurazione di “Casa vuota” – il nome del luogo appunto, curato e gestito da Francesco Paolo De Re con Sabino de Nichilo, e la prima mostra personale dell’artista pittore pugliese Pierluca Cetera.
\r\n
Il perché di questo spazio, di come è nato e le sue finalità le racconta uno degli stessi curatori, Francesco Paolo Del Re.
\r\n
Com’è nata l’idea di Casa vuota e qual è il suo scopo?
\r\n
Innanzitutto partirei con il luogo dove nasce questo spazio: il Quadraro, ovvero una borgata periferica romana con una grande storia di resistenza, dove nel ’44 ci fu il più grave episodio di rastrellamento di partigiani. Casa vuota non è uno spazio anonimo e asettico, tipico delle gallerie d’arte di cui gli artisti prendono possesso con le loro opere, ma è un appartamento vuoto, senza mobili, che abbiamo preso e utilizzato. Lo abbiamo fatto senza stravolgerlo, lasciando le pareti segnate dal tempo, con la carta da parati strappata, o i buchi ai muri, o ancora i segni dei quadri un tempo appesi. In un quartiere come il Quadraro, sempre più crocevia di artisti, abbiamo quindi pensato a uno spazio per la ricerca artistica senza fini commerciali, dove sperimentare e lavorare. Un atto, il nostro, simbolico di resistenza anche questo che cerca di scardinare la quotidianità, un‘allure romantica utopica, potremmo dire.
\r\n
Chi è il primo artista che apre le porte di Casa vuota e “la abita”?
\r\n
Iniziamo con un artista pugliese, Pierluca Cetera. Le sue opere sono dal 2013 al 2017, tele che raffigurano corpi umani reali colti nell’attimo di vestirsi o spogliarsi. È come se l’artista avesse voluto immortalare queste presenze, gli ospiti della casa nela loro intima quotidianità, tant’è che “Ospiti” è anche il titolo di questa sua personale. Per rendere ancor più vera la loro rappresentazione, tele e tecniche sono diversificate più spesso e meno spesse, ritagliate perfino. Corpi che si staccano ed escono dalle tele e dal muro per prendere vita, quasi come “sei personaggi in cerca d’autore” di pirandelliana memoria. Si instaura così una specie di voyerismo nel visitatore, persino fastidioso, un posare lo sguardo sugli altri nella loro intimità, un chi guarda chi che fa dubitare di chi sia la presenza in più della situazione. Una curiosità che mi piace svelare, invece, è quella legata al perché del nome di questo appartamento. Abbiamo voluto rendere omaggio all’altro aspetto storico del quartiere, legato al cinema: siamo a due passi dal Mandrione, dove Pasolini girò il celebre “Mamma Roma” e poco distanti dal parco degli Acquedotti dove e è stata girata una delle celebri scene de “La grande bellezza” di Sorrentino. Così il cinema torna protagonista con il titolo di un film coreano “Ferro 3 – La casa vuota” (del regista Kim Ki-duk, ndr) in cui un uomo vive di volta in volta in case vuote. Da cui, Casa vuota, il titolo di questo spazio.
\r\n
Qual è stata la reazione del quartiere e con quali artisti volete continuare a riempire “Casa vuota”?
\r\n
Direi che la reazione al momento non è stata né positiva né negativa. Si tratta più che altro di una attenta curiosità. Per quanto riguarda gli altri artisti che succederanno a Cetera saranno tutte delle personali. Si continua con l’artista milanese Filippo Riniolo, che è anche un attivista lgbt. Il suo è linguaggio composito, fatto di performance, installazioni, foto. La sua personale sarà un racconto storico, della storia recente, su cui però non voglio anticipare nulla. Sarà una sorpresa… Terzo artista Giovanni Gaggia, marchigiano. Anche lui lavora sui e con i corpi.
\r\n
Un continuo binomio dunque tra vuoto-pieno, abbandono e occupazione che caratterizzerà lo spazio di Casa vuota, le sue stanze, i suoi spazi. Appuntamento alle 18.30 di oggi per visitarla in Via Maia 12 (interno 4A), mentre la mostra sarà aperta al pubblico fino al prossimo 30 giugno.