Regina Satariano è una delle indiscusse leader della comunità transessuale italiana: regina di nome e di fatto sia nella militanza sia nella scena artistica del nostro Paese, Satariano è la creatrice e l’organizzatrice storica del concorso Miss Trans Italia.
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Qualche giorno fa, è diventata Regina anche sui documenti, ha cioè ottenuto la rettificazione anagrafica anche in assenza di un intervento chirurgico di riattribuzione dei caratteri sessuali primari.
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Regina, quanto è durata la tua battaglia?
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La battaglia, a essere sinceri, l’ha iniziata per tutte noi Sara, una ragazza transessuale di Piacenza, che nel 2015 ottenne, per prima, il cambiamento anagrafico senza ricorrere all’intervento. La sua fu una lotta importante che giunse fino in Cassazione e Sara vinse proprio perché non ebbe paura di arrivare fino in fondo, affrontando anche spese molto rilevanti.
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Come si è comportato il magistrato nel tuo caso?
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Il giudice si è limitato a riconoscere ciò che era visibile. D’altronde, perché mai dovrei farmi sottoporre a perizie varie? Io chiedevo solo l’accesso a un diritto che deve essermi riconosciuto senza alcun bisogno di sottopormi a un intervento che non voglio fare. Il problema è che ci sono anche giudici che ostacolano e impediscono il cambio anagrafico. Ecco perché, anche grazie al supporto dell’avvocato Cathy La Torre, abbiamo chiesto alla Corte Costituzionale di esprimersi su questa situazione e di impedire ai giudici, in futuro, di opporsi alle legittime richieste delle persone transessuali. Attendiamo una riposta nel mese di giugno.
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Come cambierà la tua vita da oggi in poi?
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Mi chiamo Regina dal 1992. È questa la data di nascita di Regina. Dal 1990 al 1992 mi sono preparata e nel 1992 sono nata. Quindi Regina ha 25 anni. La mia vita non cambierà certo adesso. Però cambierà per chi verrà dopo. Perché se ottieni a 20 anni i il diritto di cambiare i dati sui documenti, la tua vita si faciliterà notevolmente.
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Ti è capitato di avere problemi per il fatto che sui documenti avevi un nome maschile?
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Certamente. Problemi a fare anche cose banali. Semplici. Per esempio, nei viaggi e negli spostamenti. Spesso il controllo durava ore, era estenuante. Una volta, negli anni ’90, a Malpensa, tornando da una vacanza in Brasile, fui trattenuta per un’ora e mezza. E fui trattata come una delinquente davanti a tutti. Fu un’esperienza che non dimenticherò mai. Dopo di allora, ho vissuto per anni con la fobia dei viaggi e degli aerei. Sono arrivata a rinunciare a viaggiare perché l’idea di essere tormentata mi dava il panico. E se ha avuto questo effetto su di me, che sono munita di una corazza bella forte, pensa che effetti può avere su delle persone transessuali più giovani o più fragili.
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Insomma, mi stai dicendo che quando si rendevano conto che eri una donna transessuale, ti trattavano diversamente?
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Certo! Quando ero alla guida e la polizia mi fermava, casomai per un semplice controllo, si ripeteva sempre la stessa storia: i poliziotti, pensando di aver fermato una “signora” erano gentili e mi davano il “lei”. Poi aprivano il documento e cambiavano registro perché leggevano un nome maschile. Passavano subito al “tu”, perdevano ogni briciola di gentilezza e mi maltrattavano perché sono trans. La cosa più mortificante è quando accadeva davanti ad altre persone che erano con me e che potevano anche essere all’oscuro del fatto che fossi transessuale.
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