Ricorre oggi la 10° Giornata internazionale contro l’Omotransfobia, ufficialmente istituita dal Parlamento Europeo con risoluzione del 26 aprile 2007. La data odierna fu scelta per commemorare una decisione storica. Il 17 maggio 1990, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità stabilì che l’omosessualità fosse definitivamente depennata dalle classificazioni internazionali delle malattie mentali. La pur tardiva depatologizzazione di quello che, per la prima volta, da un organismo scientifico internazionale fu definito «variante naturale del comportamento umano» e «una caratteristica della personalità», abbatté finalmente una delle prime cause di discriminazione per orientamento sessuale.
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Nonostante l’importante decisione dell’Oms l’omofobia e la transfobia continuano a essere pregiudizi radicati ben lontani dall’essere estirpati. La stessa decisione dell’Oms viene ancora rigettata da quanti si fanno sostenitori e attuatori delle cosidette “terapie riparative”, la cui antiscientificità si tinge d’un carattere quasi criminale soprattutto se praticate su minori. Sono atti d’inaudita violenza al pari di quelli che si concretano nelle aggressioni e, in forma estrema, nelle uccisioni. Non è possibile, in quest’anno, non rivolgere l’attenzione alle persone omosessuali cecene, nei cui confronti l’opera vessatoria governativa russa ha assunto le modalità di lager del nuovo millennio. Doppia stigmatizzazione e violazione dell’umana dignità è quella poi che subiscono le persone transessuali, le cui morti per omicidio sono annualmente ricordate il 20 novembre (Transgender Day of Remembrance) e il cui numero, purtroppo, non tende mai a diminuire quanto ad aumentare.
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Queste forme cruente di omofobia e transfobia sarebbero però inseplicabili se sradicate da quell’humus sociale, culturale, religioso che dà loro linfa mortale e che è pressoché comune, pur nelle specifiche differenze, a ogni Paese. Humus che favorisce, in primo luogo, l’insorgere di quelle elementari quanto pericolose forme di omofobia e transfobia, che vanno dal linguaggio e dall’atteggiamento irrisorio fino alle odiose manifestazioni discriminatorie in ambito lavorativo. «Le parole sono pietre» – scriveva giustamente Carlo Levi – e, come tali, possono fare più male d’una ferita fisica. Rattrista non poco vedere come anche alcuni media continuino a utilizzare talora un linguaggio scorretto e offensivo, la cui gravità è ancora una volta raggiunta nel trattare di tematiche delle persone transessuali.
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Quanto detto trova purtroppo una molteplice manifestazione in Italia. Ora, se è necessario che si legiferi una volta per tutte su misure di contrasto all’omotransfobia, bisognerà sempre ricordare che è altrettanto importante ogni misura preventiva a partire dall’insegnamento e dall’educazione familiare e scolastica. Solo così l’omofobia e la transfobia potranno essere effettivamente debellate senza dimenticare, in pari tempo, la situazione vigente in oltre 170 Paesi, dove l’omosessualità è ancora illegale, e i sette, dove è prevista la pena di morte. C’è quindi ancora molto lavoro da fare per sconfiggere il pregiudizio con la collaborazione di tutte e tutti.
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Franco Grillini, Direttore di Gaynews
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Francesco Lepore, Caporedattore di Gaynews
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