La stagione dei Pride è appena iniziata e, come da copione, presunti vip fanno a gara con persone omosessuali nel contestare la validità delle marce dell’orgoglio gay e, soprattutto, la modalità di partecipazione in nome d’un ambiguo e non meglio precisato concetto di normalità. A queste geremiadi inconsistenti si vanno ad aggiungere le schermaglie in sedi consiliari sui patrocini comunali da concedere ai Pride. Fa ancora molto discutere la decisione negativa presa dalla giunta Nardella in riferimento al Toscana Pride. Tanto più che simili delibere riscuotono ampio plauso da movimenti d’estrema destra e del convervatorismo cattolico come, ad esempio, il Comitato Difendiamo i nostri figli – Family Day 2015/2016.
E così – forse complice la mancata risposta dell’amministrazione di centrosinistra del Comune di Brescia alla richiesta di adesione e patrocinio al locale Pride del 17 giugno prossimo, avanzata dal Comitato Brescia Pride – la falange gandolfiniana ha pensato bene d’inviare a tutti i sindaci della Provincia un appello di respingimento con tanto di testo d’eventuale delibera in allegato. La mozione, nella mente degli estensori, sarebbe necessaria per la salvaguardia del «diritto originale per ogni bimbo ad avere una mamma e un papà”. Diritto che sarebbe conculcato dai Pride, il cui «messaggio è da sempre in contrasto con questi principi e valori».
A sollevare non poco sconcerto è l’ultimo capoverso della premessa della bozza di delibera che, nel motivare il “respingimento” della richiesta d’adesione/patrocinio al Brescia Pride, recita: «La sacrosanta salvaguardia dei diritti fondamentali non può divenire un mezzo per vulnerare la libertà di espressione camuffando e contrabbandando fascismi di varia natura sotto etichette variopinte e slogan apparentemente liberali».
Immediata la reazione dell’attivista Luca Trentini, segretario provinciale di Sinistra Italiana per l’area bresciana e componente del comitato Arcigay Orlando, il quale ha dichiarato ai microfoni di Gaynews: «Quella di Gandolfini è un’iniziativa legittima, per carità, ma che dà il polso di quanto certe organizzazioni avversino temi come l’uguaglianza, la libertà, la laicità delle istituzioni e l’autodeterminazione che sono le parole d’ordine con cui si scende in piazza per il Pride. Mi auguro che i sindaci rigettino queste argomentazioni e che vi sia un sussulto di dignità da parte di un centro sinistra troppo timido quando si tratta di schierarsi dalla parte di principi che dovrebbero essere universalmente riconosciuti perchè garantiti dalla nostra Carta costituzionale».