Daniele Viotti si è unito civilmente sabato scorso col suo compagno Daniele Salaris. Ad accoglierne la dichiarazione nel sontuoso Salone dei Marmi del Palazzo Civico di Torino la consigliera comunale dem Chiara Foglietta, legata alla coppia da vincoli di consolidata amicizia. La cerimonia ha un avuto un carattere strettamente privato, essendo scomparso alcuni giorni prima il padre di Daniele Viotti. Di fatto quella di sabato 28 maggio è stata la prima unione civile cosituita da un europarlamentare. Dal 2014 Daniele Viotti siede a Bruxelles tra gli scranni del gruppo Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici.
Gaynews l’ha raggiunto telefonicamente, per raccoglierne la personale testimonianza.
Onorevole, lei si è unita civilmente sabato scorso. Che cosa l’ha spinta a questo passo?
Ci siamo sempre detti che, appena avessimo avuto l’opportunità, l’avremmo fatto. Come parlamentare europeo avrei potuto sposarmi in Belgio. Abbiamo deciso di non farlo perché sarebbe stato un privilegio.
Come si è caratterizzato il rapporto col suo compagno fino a oggi?
Non è un rapporto diverso da quello degli altri: tanti alti e pochi bassi in questi dieci anni insieme. Abbiamo affrontato insieme momenti difficili come quello degli ultimi giorni. La base del nostro rapporto, più di ogni altra cosa, è la lealtà.
L’unione che ha costituito le è stata possibile grazie a una legge importante ma arrivata in grande ritardo. Come giudica tale normativa?
L’ho detto tante volte: questa legge è un primo traguardo importante ma non è sufficiente. Non contiene la stepchild adoption e tutto il tema della genitorialità. Tutte le nostre unioni – la nostra ma non solo – sono sia fatti privati sia atti politici. Porremo la stessa intensità, che abbiamo impiegato per arrivare a questo traguardo, per raggiungere l’uguaglianza piena con il matrimonio.
Qual è stato, anche se da europarlamentare, il suo apporto al riguardo?
Non potendo votare, ho lavorato in Parlamento europeo – dove sono anche copresidente dell’Intergruppo per i diritti Lgbti – ogni volta che ne ho avuto l’opportunità per denunciare l’assenza di una legge in Italia. Ho sostenuto il lavoro dei parlamentari italiani girando il più possibile tra iniziative pubbliche, feste del Pd, circoli, parlando, scrivendo in continuazione, sensibilizzando i più scettici. In questi giorni uscirà anche un mio libro sullo stato dei diritti Lgbti in Europa.
Dopo l’unione celebrata sabato pensa di poter concretare un eventuale desiderio di genitorialità?
La genitorialità mia e di Daniele non è all’ordine del giorno. Non è nei nostri piani. Siamo sempre in giro per lavoro. Anche Daniele viaggia tantissimo: è filmmaker e documentarista, produce visual media e video scenografie per il teatro. Come si sa, ha lavorato al noto Fa’afafine – Mi chiamo Alex e sono un dinosauro che, patrocinato da Amnesty International, ha ottenuto il Premio Scenario Infanzia 2014, il Premio Infogiovani 2015 al Fit di Lugano, il Premio Eolo 2016 ed è stato finalista al Retecritica 2016.
Crede che la sua vita è cambiata dopo sabato?
Stiamo insieme da dieci anni e da nove e mezzo conviviamo. Dal punto di vista privato non è cambiato nulla. Dal punto di vista pubblico sí: siamo finalmente riconosciuti.