Dall’analisi del testo legislativo, in una coi recenti indirizzi della giurisprudenza di legittimità, emergono ulteriori cirticità, relative a una disparità di trattamento fra soggetti uniti civilmente e soggetti coniugati.
In primis si evidenzia come lo scioglimento dell’unione civile non preveda la previa separazione giudiziale della coppia, potendosi accedere direttamente allo scioglimento della unione civile, secondo la disciplina relativa al divorzio/cessazione degli effetti civili del martimonio. La scelta di non prevedere l’applicazione dell‘istituto della separazione – a prescindere dalla valutazione di merito sull’utilità di un doppio passaggio per lo scioglimento del matrimonio fra coppie eterosessuali – ha comportato concrete conseguenze sul piano pratico, per le coppie unite civilmente, laddove per le stesse non trovano applicazione alcuni elementi tipici dell’istituto della separazione e non presenti nella disciplina del divorzio.
In particolare:
- per le coppie unite civilmente non è previsto l’addebito della separazione e le conseguenze che ne derivano.
Pur avendo la legge Cirinnà esteso alla coppia unita civilmente i diritti e doveri nascenti dal vincolo matrimoniale (ad esclusione dell’obbligo di fedeltà) non ha poi previsto un sistema sanzionatorio in caso di loro violazione, sistema, invece, garantito per la coppia eterosessuale mediante l’istituto dell’addebito della separazione (istituto che non trova applicazione nel divorzio). Le conseguenze pratiche di tale omissione sono evidenti, laddove il coniuge cui è addebitata la separazione non ha diritto all’assegno di mantenimento.
Per le coppie unite civilmente, invece, l’unico sistema “sanzionatorio” per le condotte violative degli obblighi coniugali potrà essere, eventualmente, quello di ricorrere all’illecito “endofamiliare” ex art. 2043 c.c., laddove ne sussistanto i presupposti.
- per le coppie unite civilmente è previsto unicamente l’assegno divorzile, la cui portata applicativa è stata ampiamente ristretta dalla Cassazione, e non l’assegno di mantenimento.
Si pensi alla recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 11504/17 (“Si deve quindi ritenere che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale. L’interesse tutelato con l’attribuzione dell’assegno divorzile come detto – non e’ il riequilibrio delle condizioni economiche degli ex coniugi, ma il raggiungimento della indipendenza economica, in tal senso dovendo intendersi la funzione – esclusivamente – assistenziale dell’assegno divorzile.”), che delegittimando di fatto, il parametro del tenore di vita dalla determinazione della somma dovuta a titolo di assegno divorzile, ne ha ridotto ampiamente la portata, escludendo dalla titolarità del diritto all’assegno tutti quei soggetti economicamente indipendenti, ma con redditi di gran lunga inferiori rispetto all’altro coniuge, ed inidonei a consentirgli di conservare il tenore di vita matrimoniale.
Sono evidenti le ripercussioni concrete della recente pronuncia della Cassazione, che, diversificando i presupposti tra assegno di mantenimento e assegno divorzile, ha comportato un sistema a due step in caso di scioglimento del matrimonio: 1. assegno di mantenimento dall’ampia portata applicativa, 2. assegno divorzile di portata applicativa ristretta, in considerazione della sua funzione esclusivamente assistenziale e dello scioglimento totale del vincolo coniugale.
Ebbene tale pronuncia investe anche le coppie unite civilmente, laddove mentre al coniuge beneficiario di coppia unita in matrimonio è garantita la possibilità di riorganizzarsi a seguito della disgregazione del nucleo familiare, godendo dell’assegno di mantenimento, sino alla pronuncia di divorzio, all’unito civilmente non è garantita tale possibilità avendo direttamente accesso all’istituto del divorzio con ogni conseguenza che questo comporta, anche sotto il profilo economico.
Queste peculiari differenziazioni rendono, dunque, auspicabile un intervento legislativo che si ponga come obiettivo quello della oggettività della tutela, specie in favore dei minori.