Sono stati auditi ieri e oggi in Commissione Giustizia di Senato e Camera Yuri Guaiana, componente di All Out, e Igor Kochetkov, presidente di Russian Lgbt Network, sulla condizione delle persone omosessuali cecene. Quello italiano è così il primo Parlamento ad aver ascoltato un attivista locale sulle persecuzioni anti-gay messe in atto dal presidente Ramzan Kadyrov nel totale silenzio di Mosca. Risultato, questo, raggiunto grazie anche all’iniziativa di crowdfunding che, lanciata dall’associazione Certi Diritti, ha permesso al presidente di Russian Lgbt Network di giungere a Roma.
Gaynews ha potuto intervistarlo al termine dell’audizione odierna alla Camera.
Igor, dal 2007 Ramzan Kadyrov è alla guida della Cecenia, una delle Repubbliche della Federazione Russa. Come si è evoluta in questi dieci anni la posizione delle persone omosessuali?
Gli omosessuali sono sempre stati in Cecenia persone di cui si sapeva ma non se ne parlava. Ognuno teneva accuratamente nascosta la propria condizione a parenti, amici e colleghi. Qualsivoglia comunicazione tra persone gay poteva avvenire solo in segreto. Una situazione in realtà non dissimile a quella vigente in Europa nella metà del secolo scorso. Tuttavia, nel corso degli ultimi dieci anni, la situazione per i gay in Cecenia è cambiata significativamente in peggio. Il regime totalitario di Kadyrov si è posto l’obiettivo di combattere con qualsiasi mezzo chiunque non corrisponda all’idea di uomo perfetto ceceno. Fino all’annientamento fisico di queste persone.
Qualcuno ha parlato di nuovi lager per i gay ceceni. È corretto ricorrere a un tale paragone?
Pur comprendendone l’utilizzo, si tratta però di un raffronto improprio. Le persone omosessuali sono arrestate e recluse in carceri illegali. Si tratta di prigioni stabilite da tempo ma non riservate esclusivamente ai gay. Anche se è necessario aggiungere che sono soprattutto i gay a subire maltrattamenti da parte degli agenti di polizia e degli altri detenuti.
Qual è la posizione della gerarchia ortodossa su quanto sta accadendo?
Silenzio assoluto. La Chiesa ortodossa non commenta nulla al riguardo.
Quali sono secondo te le azioni che possono essere messe subito in campo dalla comunità internazionale per aiutare i gay ceceni?
La comunità internazionale deve in primo luogo esigere un’indagine vera ed efficace da parte delle autorità russe su quanto sta accadendo in Cecenia. I governi occidentali e gli organismi umanitari potrebbero e dovrebbero poi avviare indagini proprie. È chiaro: avranno molto da fare perché non c’è abbastanza informazione al riguardo. Ma le vittime, che sono riuscite a fuggire in Paesi Ue o in America, hanno già fornito testimonianze dettagliate in merito. Inoltre, non basta accogliere semplicemente le vittime di quest’aberrante sistema criminale. Bisogna fornire loro anche protezione. Solo in questo modo si potrà avere giustizia.
Sulle uccisioni e torture delle persone omosessuali cecene nessuna parola da parte del Vaticano. Come giudichi un tale silenzio?
È inaccettabile. Il Vaticano non può rimanere in silenzio. Non può ripetere gli errori compiuti nel XX secolo, quando il Papa tacque sui crimini nazisti.
Ieri e oggi sei stato audito in Senato e alla Camera. Che impressione ne hai avuto?
Sono molto grato ai senatori e ai deputati che hanno accettato di incontrarmi. Ma, ancor più, sono grato agli attivisti italiani – in particolare a quelli di All Out e di Certi Diritti – che hanno reso possibili tali audizioni. A quegli attivisti italiani, che ogni giorno ricordano ai propri connazionali che la tragedia cecena riguarda tutti. Ognuno ha il dovere d’intervenire. Perché siamo europei, perché siamo esseri umani. La storia non conosce barriere spaziali e ci accomuna tutti. La storia a noi tutti comune c’insegna che i crimini compiuti dai regimi totalitari, affermatisi in un unico luogo, possono dilagare in un intero continente e in tutto il mondo, se non fermati in tempo.