Classe 1972 e fidanzato con Lucio De Tommaso, Giovanni Mineccia coniuga da sempre l’attivismo Lgbti con l’amore per gli animali. Molto conosciuto sui social nell’ambito della collettività Lgbti e, in particolare, quella romana, La TalebanaH – come ama definirsi – dosa con saggezza nei post su Facebook ironia, schiettezza, lucidità di vedute e utilizza un italiano infarcito di baresismi che rende il suo dettato piacevole alla lettura. Per dare voce all’esperienza molteplice di una persona gay di provincia ma attentissima a quanto accade nel movimento italiano e non, Gaynews ha deciso d’intervistarlo.
Giovanni, sei una persona molto amata sui social per i tuoi post scanzonati ma improntati all’attivismo Lgbti e all’animalismo. Come coniughi i due interessi?
Molto amato? Non quanto realmente io possa essere amato. Le persone, in realtà, hanno più voglia di farsi i c…i miei. Forse sbaglierò ma uso Fb come se fosse un diario. Da piccolo ne avevo sempre uno segreto. Ora uguale ma non è più segreto. Mi piace raccontare eventi della mia vita o considerazioni che magari possono essere di aiuto ad altri. Mio padre mi diceva sempre che fin quando non hai rubato o fatto male a qualcuno non hai nulla di cui vergognarti. Ho cambiato idea su tante cose grazie a post di amici o commenti che mi hanno fatto riflettere. Molte volte, in passato, mi sono ritrovato a essere più moralista e babbione di quanto pensassi. Il confronto verbale, specialmente dalle mie parti, diventa un gridarsi sopra e un interrompere l’altro traendo conclusioni sbagliate. Su Facebook leggi e rileggi. Hai tempo di elaborare una risposta e pensarci.
Per quanto riguarda gli animali, essi hanno sempre fatto parte della mia vita: una passione ereditata da mio padre e mia madre. Però ho preso il meglio dei due: mio padre uomo di campagna è un animalista più pragmatico e di cervello; mia madre, invece, è una donna di città che tende eccessivamente a umanizzare. Insomma un’animalista troppo di cuore. Ho lanciato delle cat promotion: si tratta di video allegri, dove a quei poveri gattini gliene dico di tutti i colori, facendo incazzare le animaliste del “Kuore” di turno. Ma sono sempre riuscito a trovare lotro delle ottime famiglie ed è quello che conta.
Ho da 17 anni un Pet shop ad Adelfia, un paesino in provincia di Bari, con la mia bella rainbow flag all’esterno (che tutti scambiano però per quella della pace) e che sono gay lo sanno pure i vigneti. Mi capita spesso che qualche cliente – scegliendo un collare o un cappottino – mi dica: “Questo è da frocio”. Ogni volta gli indico i capi che indosso al momento (non ho molta fantasia: ho un numero imprecisato di camicie a quadri) e dico: “Io sono gay. Porto strass e brillantini? No, e allora il tuo cane può portare un collare di vernice senza essere frocio”. Rimangono sempre basiti e io rido molto. La maggior parte dei miei clienti sono anche amici su Fb.
Spesso utilizzi termini dialettali baresi. Una volontà di riaffermare le tue origini o un modo come un altro per ironizzare?
Sì, è vero. Uso spesso termini dialettali su Fb. I dialetti sono una cosa stupenda: non vanno usati come codici per non farsi capire dal resto del mondo. Ma alcune parole rendono bene l’idea solo in dialetto. Ad esempio l’Angoooorr e il Maisia le ho esportate in mezza Italia .
Il tuo profilo Fb è stato spesso bloccato. Perché a tuo parere?
Vabbè. Una volta mi sono cacato sotto perché su Fb alcune mie foto sono state viste su una pagina di talebani veri in mezzo a scatti di lapidazioni di donne. Per fortuna tutti i miei amici hanno segnalato la pagina, che è stata oscurata. Vengo spesso bloccato perché – sì, lo ammetto -, protetto dallo schermo, sono un po’ leone da tastiera anche io. Dal vivo sono meno aggressivo ma ci sono cose che mi fanno proprio girare le scatole: gli hater, i gay perbenisti, gli omofobi e i razzisti. Di fronte a tali persone sbrocco e puntualmente esse mi segnalano: allora vengo messo in castigo .
In che senso ami definirti la TalebanaH?
Mi chiamano la talebana perché tanti anni fa – a ridosso del fatidico 11 settembre – passeggiavo con amici per la città vecchia di Bari. Avevo un barbone allora nerissimo ed ero abbronzato. Un gruppo di ragazzini mi urlò “Mooo e ci è u talebban”. Chiaramente le amiche me lo hanno trasformato al femminile e quando mi sono iscritto sulle chat ho deciso di usarlo come nick . Molti mi hanno contattato per rimproverarmi, sapendo cosa fanno i talebani ai gay. Ma io lo uso proprio per questo.
Hai una storia intensa ma a distanza con Lucio. Dopo anni credi che sia vera e cosa rispondi a quelli che obiettano il contrario?
Qualsiasi cosa vissuta con Lucio mi fa star bene. Ogni coppia è un universo a sé e ha i suoi equilibri. Non penso al futuro: mi godo solo i momenti in cui ci è concesso stare insieme.
Quale messaggio lancia la TalebanaH alla collettività Lgbti e soprattutto ai moralisti all’interno?
Ti sto rispondendo mentre sono in aereo verso Bari e ho detto tutto. Che messaggi lanciare? Non saprei. Non sono uno che ha letto molti libri e sono di base un ignorantone che non ha fatto le “scuole alte”. Da bambino, però, ho letto un libro che dovrebbero leggere tutti quelli che fanno parte di minoranze e si fanno la guerra fra di loro limitando le altrui libertà e necessità in nome di falsi moralismi e verità assolute. Si tratta de La fattoria degli animali. Ha molto da insegnare.