Negli ultimi giorni – come già segnalato anche da Gaynews -, a seguito di alcune polemiche sorte in seno ad ArciLesbica, è nata una pagina Facebook, il cui nome ha incuriosito un po’ tutte e tutti: Un’Altra ArciLesbica #unaltrArciLesbica. Ma di cosa si tratta veramente? È forse il segno di un’ufficiale divisione di ArciLesbica?
Ne parliamo con Chiara Piccoli, presidente ArciLesbica Napoli Le Maree, uno dei comitati provincilai che promosso la nascita di Un’Altra ArciLesbica #unaltrArciLesbica.
Chiara, cosa è il progetto Un’Altra ArciLesbica la cui pagina è apparsa da qualche giorno su Facebook? Si può parlare di una vera scissione all’interno di ArciLesbica?
La campagna #unaltrArciLesbica nasce dal desiderio di molte socie di ArciLesbica di prendere le distanze dalle modalità comunicative e dalle scelte unilaterali operate dall’attuale segreteria nazionale ma anche dall’ondata di violenza misogina e lesbofoba che ha invaso i nostri canali social di recente ad opera di chi conosce i nostri circoli e volutamente non pone distinguo alcuno. Ad opera di chi non ha neppure l’attenzione di approfondire mancando di totale rispetto alla nostra storia ed azione politica. E, infine, di chi ne approfitta solo per sfogare sentimenti di violenza repressi che scaturiscono proprio da una profonda misoginia.
Il che non può essere tollerato. Pertanto la pagina si propone come uno spazio di diffusione della politica e della cultura lesbica e femminista. ArciLesbica si prepara ad andare a congresso anticipato nel mese di dicembre. Quella a cui assistiamo è una fase di transizione in cui si allungano le distanze tra la dirigenza dell’associazione nazionale e la compagine dei circoli locali, in cui tante socie sono stanche delle posizioni politiche non condivise e sempre meno conformi ai nostri principi statutari. Stanche di modalità comunicative inaccettabili ma anche stanche di attacchi feroci che non consentiremo mai su ArciLesbica. Da tutto questo nasce #unaltrArciLesbica.
Si può affermare che la recente polemica relativa a un articolo postato sulla pagina di ArciLesbica nazionale – articolo in cui vi erano alcuni affondi in odore di transfobia – è stata la “goccia” che ha fatto traboccare il vaso?
Questa collaborazione tra socie attraverso tutto il territorio nazionale è qualcosa che non comincia oggi. nzi questo è il naturale prosieguo di un iter cominciato molti mesi fa. Come dicevo, parte del problema sta nella scelta delle modalità comunicative, che tradiscono la volontà di alzare uno scontro a nostre spese, a spese di ArciLesbica. Ma noi non ci stiamo e, in questo senso, sì: è stata di certo l’ultima goccia.
Quali sono i motivi di divisione con ArciLesbica nazionale dal punto di vista sia contenutistico sia politico-metodologico? Che ruolo ha giocato, in questa divisione, la recente querelle sulla gpa?
Il dibattito sulla gpa ha portato alla luce l’indisponibilità al confronto esterno ma soprattutto interno oltre che sull’esercizio di una modalità di fare politica soprattutto in termini contenutistici non più condivisa con i circoli. Sembra che la segreteria nazionale abbia dimenticato i principi fondanti di ArciLesbica. Un’associazione femminista è anzitutto dialogo e rispetto: un luogo di confronto che produce cultura per tutte le donne. Il luogo in cui rivendicare la pluralità di opinioni che caratterizza un’associazione. Questa pluralità è stata cancellata ma ArciLesbica è altro ed è ciò che #unAltraArciLesbica rivendica. ArciLesbica non è transfoba. ArciLesbica è democratica, ArciLesbica è rispettosa. Rivendichiamo il pluralismo delle nostre opinioni, l’appartenenza al movimento femminista e al movimento Lgbti, il ritorno a un sistema comunicativo responsabile e che sia volto alla trasmissione ragionata di idee, non alla distruzione.
Come immaginate, in futuro, il vostro ruolo all’interno del movimento Lgbti? Pensate ci sia ancora un percorso da fare insieme o credete debba essere separato come emerge da alcune esternazioni di ArciLesbica nazionale?
ArciLesbica nasce in seno al movimento Lgbti e al movimento femminista. E in questi movimenti troverà sempre il suo posto.
Secondo te come vivono le donne lesbiche oggi in Italia? Quale ruolo ricoprono i vostri comitati territoriali rispetto al benessere delle donne lesbiche nel nostro Paese?
L’Italia è un Paese che ha sempre avuto tempistiche molto differenti rispetto alle realtà vicine e il tema della parità dei diritti non fa eccezione. In questo, certamente, un po’ di terreno si sta recuperando. Per cui si può dire che in Italia, in alcuni casi, le donne lesbiche vivono meglio come lesbiche che come donne in quanto la parità di trattamento tra uomini e donne – mi riferisco per esempio al luogo di lavoro – sta molto più indietro della parità di diritti tra persone eterosessuali e omosessuali.
Inoltre nella nostra società patriarcale la lesbica mette in crisi, con la sua stessa esistenza, il paradigma della donna sacralizzata o ricondotta a oggetto sessuale. Per questo le lesbiche femministe (anche trans) possono, mostrandosi e agendo come tali, sovvertire il patriarcato. I nostri circoli sul territorio nazionale sono dei luoghi, fisici ma non solo, che si configurano innanzitutto come spazi di accoglienza, di confronto, di azione dal basso e/o in collaborazione con le istituzioni locali ed altre realtà associative. Un luogo dove tutte le donne trovano una casa, dove lavorare insieme a progetti e iniziative volte alla promozione di diritti e visibilità per le donne lesbiche.