Enorme clamore, negli ultimi giorni, intorno al coming out di Veronica Pivetti che dalle colonne dell’ultimo numero del settimanale Dipiù aveva dichiarato, in una lunga intervista rilasciata a Stefania Mazzoni, di essere delusa dagli uomini e di vivere con un’amica. “Vivo con Giordana – così l’attrice -, sono felice. Ma non lo definirei un amore”. Ma la stessa Pivetti ha smentito ieri tali dichiarazioni sulla sua pagina Fb definendo “manipolata” l’intervista e “quasi folcloristico” il magazine Dipiù.
Non si è fatta attendere la risposta del direttore Sandro Mayer attraverso una lunga lettera che, inviata alla nostra redazione, pubblichiamo integralmente.
Gentile Signora Veronica Pivetti,
preciso subito che sono un suo ammiratore dai tempi di Viaggi di Nozze, fino ai giorni nostri quelli di Provaci ancora Prof. La mia stima professionale per lei è incondizionata. L’avevo anche per la sua persona, ma ora questa parte di stima è precipitata.
Lei ha smentito, o comunque dice che è stata manipolata, una sua intervista pubblicata su Dipiù a firma della brava giornalista Stefania Mazzoni. Ma questo non mi ha indignato: dopo anni e anni di direzione di giornale sono abituato ai cambiamenti di umore dei personaggi dello spettacolo. Quello che mi indigna è altro: come si permette di definire folcloristico il settimanale Dipiù?
Preciso subito che il termine è offensivo e degno di querela, che, già le dico, non inoltrerò, mentre lei non può querelare per l’intervista, perché abbiamo le prove che è autentica e non è stata manipolata: la tentazione di metterla sul web per farla sentire a tutti è stata tanta, ma non l’ho fatto, perché non sarebbe stato corretto. Però, invece di smentire in maniera così chiassosa, poteva querelare e farci scrivere da un avvocato e noi, nelle sedi opportune, avremmo esposto le nostre ragioni e la nostra documentazione.
E voglio dire subito che è lei, signora Pivetti, che ha voluto alzare un po’ di sana bagarre, ma, la prego, usi termini italiani: sano trambusto sarebbe stato più opportuno.
È vero: noi siamo venuti da lei per fare promozione alla sua nuova fiction della serie Provaci ancora Prof. Il settimanale DipiùTV lo fa sempre quando parte un nuovo programma. Ma poi la conversazione, per quella magica intesa che a volte scatta tra intervistato e intervistatore, si è spostata sul privato e lei ha detto quello che è stato pubblicato. La parte del privato, come spesso facciamo, l’abbiamo spostata su Dipiù, perché DipiùTV si dedica maggiormente a notizie televisive. Ma Dipiù, signora Pivetti, non è affatto folcloristico: è un prestigioso giornale familiare, molto moderno, erede di una tradizione antica, quella dei settimanali Oggi, Gente, Tempo, Epoca, La Settimana Incom.
È diretto da un direttore di lunga data, che sono io, vincitore, fra i tanti riconoscimenti, del più prestigioso premio giornalistico assegnato in Italia, il Premio St. Vincent, che fra i tanti illustri premiati annovera anche i grandi Indro Montanelli e Enzo Biagi. Montanelli e Biagi, lei non può saperlo ma forse li ha sentiti nominare, erano in giuria quando io vinsi il premio.
Su Dipiù, signora Pivetti, firmano da tempo rubrichisti celebri come Alberoni, Crepet, Rossi, Moccia, Bisiach, linguisti dell’Accademia della Crusca e de La Sapienza di Roma, e adesso anche Roberta Bruzzone, fra l’altro opinionista di punta di Porta a Porta.
Per sapere che cosa è Dipiù, signora Pivetti, visto che lei non conosce il giornale, chieda anche a sua sorella Irene e, mi permetta un parere personale, la più grande della famiglia. Ha firmato più volte articoli su Dipiù: lei che è stata Presidente della Camera avrebbe mai potuto scrivere poi su un giornale folcloristico?
Ma veniamo al contenuto principale della sua smentita: lei ci definisce omofobi, mentre mi pare di capire, ma potrei sbagliarmi, che l’omofoba è lei. Signora, lei precisa: “Se fossi una donna omosessuale, mi incazzerei parecchio.” Quindi non lo è. Ma perché precisarlo? Se fosse stata omosessuale cambierebbe qualcosa? Lei scrive più avanti: “Dove sta scritto che l’eterosessualità è la strada che scegliamo per prima, anzi, peggio ancora, la strada giusta?”. Ma che cosa è questa differenza, signora Pivetti? Solo gli omofobi pensano ci siano strade giuste o ingiuste: per noi, mi creda, qualunque strada prenda una persona fin dalla nascita è giusta. Lei dice che secondo Dipiù l’omosessualità è un ripiego. Ma questo l’ha detto lei: lo deduce da che cosa?
Signora, il razzismo lo fa solo lei: è lei che ha parlato della sua amica Giordana e poi della giovane donna, Adriana, di cui si innamorò da bambina ma fra le righe dell’intervista pubblicata non trapela nessun legame sessual-amoroso. Certo, le è stata fatta la domanda: lei è innamorata di Giordana? E lei ha risposto: “Non so se si può chiamare amore.” Non capisco perché lei legga da qualche parte di un legame di sesso montato da noi.
Vorrei tornare al concetto della bagarre, il trambusto: signora Pivetti, nessuno pensava di vendere copie in più con la sua faccia, perché, con tutto il rispetto per la sua professione, la sua non è una faccia da copertina: se lo lasci dire da un esperto. Però in copertina l’abbiamo messa. E sa perché? Perché la sua intervista ci era sembrata così vera, così dolce e così semplice che abbiamo voluto dedicarle la copertina, non per vendere, ma per parlare di un problema sociale di cui ancora purtroppo si discute tanto nelle famiglie. Lei scrive come un’accusa rivolta a tutti: “Sappiamo che il gossip vive di sottintesi.” No, signora Pivetti ancora una volta lei si sbaglia. Quello che è apparso in copertina non è proprio un gossip. Mi dispiace per lei, donna intelligente, che lei liquidi con la parola gossip, un tema che sta a cuore a tanti.
Questa risposta dovevo dargliela, anche se in tanti anni di direzione io quasi mai ho replicato a smentite o accuse se non in tribunale. Ma lei questa volta, proprio in vista della partenza di Provaci ancora Prof, precisando bene che il programma inizierà a metà settembre, ha alzato un polverone inutile: si sa, per gli ascolti è meglio parlare che ignorare. Il polverone, se magari porta qualche telespettatore in più alla fiction, però è offensivo per me e per tutti i giornalisti e lettori di Dipiù.
Se la perderò come lettrice, me ne farò una ragione.
Sandro Meyer