In Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio e Puglia è in corso l’iter procedurale per il raggiungimento di una legge regionale contro le discriminazioni da orientamento sessuale e identità di genere. L’esito positivo dei relativi dibattimenti allungherebbe così la lista delle Regioni che si sono già dotate d’interventi normativi analoghi: Toscana (legge regionale n. 63 del 2004), Liguria (legge regionale n. 52 del 2009), Marche (legge regionale n. 8 del 2010), Sicilia (legge regionale n. 6 del 2015), Umbria (legge regionale n. 3 del 2017). Un caso a parte è invece costituto dal Piemonte che ha affrontato il tema dell’omotransfobia nell’ambito della legge regionale n. 5 del 23 marzo 2016 recante Norme di attuazione del divieto di ogni forma di discriminazione e della parità di trattamento nelle materie di competenza regionale.
Per saperne di più abbiamo contattato Monica Cerutti, assessora alle Politiche giovanili, Diritto allo studio universitario, Cooperazione decentrata internazionale, Pari opportunità, Diritti civili, Immigrazione della Regione Piemonte.
Assessora, che cosa prevede la legge regionale n. 5 del 23 marzo 2016?
Si tratta di una legge quadro, che stabilisce gli ambiti nei quali la Regione può intervenire per garantire l’applicazione concreta del principio di non discriminazione. In questo lasso di tempo abbiamo soprattutto provveduto a corredare la legge degli strumenti operativi necessari, che sono:
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regolamento di attuazione, ed è in fase di stesura definitiva il Piano triennale;
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fondo per le vittime di discriminazione con relativo Regolamento e Covenzioni con gli Ordini degli Avvocati;
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ricostituzione del Centro regionale antidiscriminazione e della rete regionale antidiscriminazione (un nodo per ciascuna provincia con compiti di accoglienza e trattamentio dei casi singoli che si verificano);
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convenzionamento con Unar, Oscad, gli organismi di garanzia e parità regionali (Consigliera di Parità, Difensore civico, Garante dei detenuti, Garante dell’Infanzia, Corecom).
All’interno della Regione sono stati avviati alcuni specifici tavoli di lavoro, necessari per la complessità giuridica dell’applicazione della norma approvata, sul personale, sulla normativa regionale, sull’applicazione di una parte della legge regionale che prevede la non collaborazione con imprese e associazioni (concessione di patrocini e contributi, gare e appalti, ecc.).
Ma ci siamo anche occupati di iniziative concrete, anche nel settore dell’omo-transfobia, compatibilmente con le risorse che, come è noto, sono drasticamente ridotte negli ultimi anni. E mai interrompendo il prendere posizione come Regione e come Assessora, pubblicamente, su questi temi. Questa attività spesso non è percepita dai cittadini e dalle cittadine come prioritaria, ma lo è, proprio per fornire alla Regione quegli strumenti attraverso i quali poter intervenire.
Le discriminazioni da orientamento sessuale e identità di genere sono menzionate una sola volta nel testo di legge. In quale punto precisamente?
Tutte le potenziali aree di discriminazine (nessuna eccezione) sono menzionate una sola volta: si tratta di tecnica legislativa essendo una legge quadro che si applica a tutti gli ambiti di intervento regionali. L’articolo specifico è il numero 2, comma 1, che contiene le definizioni che si applicano per la legge.
Perché non si è discusso un pdl specifico su questo tipo di discriminazioni visto il particolare stigma di cui sono fatte oggetto le persone Lgbti?
Perchè le politiche regionali dal 2005 hanno fatto la scelta di occuparsi di tutte le discriminazioni previste dalla normativa nazionale ed europea e solo agli ambiti di competenza regionali, come dimostra l’iter della legge regionale toscana e la sentenza della Corte costituzionale che ne cassò una parte. Ricordiamo che in Italia (e quindi nella stragrande maggioranza delle regioni) non esiste una legge come questa (in applicazione dell’art. 3 della Costituzione e dell’articolo 21 della Carta europea dei diritti fondamentali) e mancano anche riferimenti legislativi specifici per ciascuna delle materie connesse a quegli articoli.
Questo non ha impedito che nel corso degli anni la Regione Piemonte, sia nelle dichiarazioni pubbliche che negli atti, sia stata a fianco delle iniziative contro omofobia e transfobia, per esempio:
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sostendo con patrocinio e anche con contributi i Pride che si sono svolti in questa legislatura, e già accadeva nella legislatura ove la presidente era Mercedes Bresso;
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sostenendo alcune significative iniziative su tutto il territorio regionale (ricordiamo la prima, che fu la diffusione del video Agedo e la partecipazione al Progetto europeo connesso, e l’ultima che è stata una campagna contro l’omofobia e la transfobia in tutti i comuni capoluogo piemontesi del 2015 e il sostegno straordinario che fu concesso al decennale del Pride, nel 2016;
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avviando un primo sperimentale progetto di reinserimento delle persone vittime di discriminazione in ambito lavorativo (circa 1,5 milioni di euro) che vogliamo rinnovare con nuovi fondi del Por-Fse;
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sostenendo la necessità di iniziative contro il bullismo omofobico e transfobico nelle scuole, sia attraverso la partecipazione della Regione all’Osservatorio regionale del Miur sia attraverso il sostegno di specifiche iniziative.
Si pensa di ovviarvi nel futuro?
Per il futuro, oltre al completamento degli strumenti amministrativi e legislativi, stiamo programmando interventi ad hoc per ciascun ambito di discriminazione, quindi anche e soprattutto per omofobia e transfobia, con particolare riferimento al mondo della scuola e della sanità. Credo sia molto importante cogliere proposte e suggerimenti che possono arrivare dall’associazionismo: noi siamo in contatto continuo con il Coordinamento Torino Pride, ma siamo aperti a tutte le proposte che possono arrivare da altri soggetti.