La sera del 31 ottobre dozzine di componenti del movimento di estrema destra Marcia Georgiana hanno manifestato a Tbilisi dinanzi alla sede della Federazione Calcio Georgiana per chiedere l’estromissione dalla nazionale del difensore Guram K’ashia. Urla e striscioni omofobi, lancio di lacrimogeni, incenerimento di una bandiera rainbow. Il corteo si è concluso con l’arresto di otto persone per atti teppistici.
Agli occhi dei manifestanti Kashia avrebbe vilipeso i valori tradizionali del popolo georgiano nei Paesi Bassi, dove gioca nella Vitesse Arnhem. Domenica 29 ottobre, in occasione della partita con la PSV Eindhoven, il calciatore ha indossato al braccio la fascia da capitano a tonalità arcobaleno. Un inequivocabile segno a sostegno delle persone Lgbti e parte della prosecuzione di una serie di iniziative organizzate in Olanda per il Coming Out Day.
Solidarietà immediata da parte del presidente della Federazione Calcio Domenti Sichinava e del Capo di Stato Giorgi Margvelashvili, che ha dichiarato: «Ognuno deve esercitare libertà di espressione. Dobbiamo rispettare i diritti umani e le libertà. Condivido l’unanime vicinanza che la società sportiva ha espresso a Guram K’ashia». Molti georgiani hanno manifestato il proprio sostegno al giocatore cambiando la foto dei profili social con quella di K’ashia.
Quanto successo il 31 ottobre a Tbilisi è comunque riprova del crescente clima omotransfobico nel Paese, di cui si lamentano da tempo attiviste e attivisti Lgbti. Complice anche l’influente gerarchia ortodossa nazionale.
Non è un caso che Papa Francesco, nel corso del viaggio apostolico in Georgia nell’ottobre 2016, abbia rilasciato una delle dichiazioni più forti contro l’ideologia gender: «Un grande nemico del matrimonio, oggi: la teoria del gender. Oggi c’è una guerra mondiale per distruggere il matrimonio. Oggi ci sono colonizzazioni ideologiche che distruggono, ma non si distrugge con le armi, si distrugge con le idee. Pertanto, bisogna difendersi dalle colonizzazioni ideologiche».
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