Da sempre attivista per i diritti delle persone Lgbti. In Arcigay da molti anni, del cui comitato torinese è stato anche presidente. Attualmente assessore con delega alle Pari opportunità del Comune di Torino. A più d’un anno dall’inizio dell’incarico ammininistrativo Marco Alessandro Giusta rilegge le sue battaglie per i diritti civili nel capoluogo piemontese.
Assessore Giusta, come ci si sente in questa veste?
Sicuramente il cambio è di quelli da togliere il fiato. Un giorno sei con coloro che fuori dal palazzo chiedono ascolto, il giorno dopo ti ritrovi ad ascoltare i tuoi compagni e compagne di battaglia. E spesso la voglia di girare intorno al tavolo e sedersi dalla stessa parte è tanta. Però resto convinto della scelta che ho fatto di mettermi a disposizione della città e garantire che i diritti delle persone Lgbti siano non solo rispettati, ma valorizzati e inseriti nel programma complessivo della città, continuando il trend estremamente positivo che vede Torino come uno dei centri più friendly d’Italia, se non il più esperto su questi temi.
A Torino nasce il movimento negli anni ‘70 con il F.U.O.R.I. A Torino si costituisce il primo servizio Lgbti del Comune. Torino ha la segreteria della Rete Ready ed è stata scelta per attuare la strategia nazionale Lgbti. Nasce qui il più importante festival cinematografico Lgbt Da Sodoma a Hollywood ora Lovers su iniziativa di Ottavio Mai e Giovanni Minerba. Nasce qui il Coordinamento Torino Pride Glbt dal Comitato Torino Pride 2006 e dal Coordinamento Glt. Qui nasce CasArcobaleno. Il lavoro quotidiano e costante tra istituzioni e associazioni del territorio e nazionali continua a produrre risultati importanti.
Torino è una città da sempre in prima fila nella lotta per i diritti di tutti. Una città che ha visto negli anni passati le lotte operaie come punta di diamante per i diritti a lavoro. Oggi che città ci può raccontare?
I diritti a Torino sono qualcosa di vero, concreto, percepito. Sono stati sudati in fabbrica e nelle strade durante le lotte operaie. Sono diventati il traguardo da raggiungere e difendere. Ma soprattutto hanno iniziato a parlare tra di loro. Durante la manifestazione I diritti sono il nostro Pride del 2010 ricordo la bellezza e la fatica della costruzione di una piattaforma comune tra il movimento delle donne, quello dei migranti e quello Lgbti, con la compenetrazione dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
Da allora ho scoperto l’intersezionalità: termine coniato dall’attivista e giurista afroamericana Kimberlé Williams Crenshaw per descrivere che differenti identità sociali possono sovrapporsi ed incrociarsi, così come le discriminazioni che si portano dietro. Scoperta che ha avuto successivi insegnamenti nei percorsi costruiti in Arcigay, con i sindacati, nel Coordinamento Torino Pride, nel nodo provinciale Unar e in CasArcobaleno. Ora questo approccio lo abbiamo portato in Comune, dove proviamo a lavorare con quest’ottica e coinvolgere i diversi gruppi a rischio discriminazione a lavorare tra loro l’uno per l’altro. Sarà un percorso lungo e complesso, ma siamo sulla strada giusta.
Si parla da tempo di famiglie e non più di famiglia. Quali sono le principali azioni che il suo assessorato sta portando avanti in questo senso?
Sul tema delle unioni civili abbiamo fatto una corsa contro il tempo. Ci tenevamo da un lato a essere tra le prime città a celebrare le unioni, dall’altro avevamo alcune famiglie con gravi problemi di salute per cui l’urgenza era massima (ricordo il caso di Franco e Gianni, la prima unione civile a Torino celebrata dalla sindaca. Franco ora non c’è più, ma Gianni ha scritto un libro, è venuto al Pride per la prima volta e ora sta portando avanti la campagna #vietatoarrendersi con l’aiuto di Stefano e altri amici). Immediatamente dopo siamo stati la prima città in Italia a garantire ai dipendenti l’equiparazione delle unioni ai matrimoni (come previsto per legge) per i congedi, anticipando la circolare dell’Inps e ampliando inoltre anche la possibilità di fruire dei permessi 104 sia alle unioni civili che ai e alle conviventi more uxorio come stabilito dalla sentenza della corte costituzionale. Infine, proprio in questi giorni abbiamo un pezzo del Piano Azioni Positive proposto dal Cug del Comune di Torino dando la possibilità alle e ai dipendenti di “prestarsi” delle ore di ferie per venire incontro a chi ha necessità particolari. Da qui in poi cercheremo di lavorare principalmente sugli orari dei servizi al fine di venire incontro alle necessità delle famiglie torinesi, in modo da migliorare la qualità della vita.
Lavoreremo ancora, immaginando appunto di servire tutte le famiglie. Ricordo ancora quando con la sindaca modificammo a mano il nome della delega da famiglia a famiglie. Tempo una settimana ed ebbi la prima manifestazione contro questa scelta da parte del Popolo della Famiglia. Solo per aver ricordato che le famiglie ormai sono moltissime e diverse: oltre alle famiglie tradizionali vi sono quelle ricomposte, monoparentali, allargate, omogenitoriali, formate da due uomini o da due donne, separate, vedovi e vedove, miste, adottive, affidatarie, etc etc. L’amministrazione deve pensare a tutte loro, non solo a una parte o un’altra.
A Roma in alcuni quartieri periferici, con manifestazioni anche molto accese, sono state mandate via famiglie di immigrati a cui era stata assegnata una casa dal Comune. A Torino qual è situazione e quali le urgenze per la lotta al razzismo?
A Torino, per fortuna, la situazione è molto diversa rispetto a quella che raccontate nella domanda. Episodi di razzismo e discriminazione sono purtroppo quotidiani e onnipresenti, ma non raggiungono picchi così violenti e visibili. Questo, ovviamente, non deve farci abbassare la guardia: il razzismo e la discriminazione sono fenomeni non solo in ascesa, ma che stanno cambiando dinamiche.
In Paesi come l’Italia, infatti, la percezione della diversità prescinde quasi completamente dallo status giuridico: il colore della pelle, nomi o cognomi di origine straniera, segni visibili di appartenenze culturali, religiose ed etniche (il velo per le donne musulmane, per esempio) sono sufficienti a identificare una persona come “straniera” indipendentemente dal suo status giuridico. Molte delle politiche di sostegno attivo (penso ai bandi europei Fami per l’integrazione) si rivolgono unicamente a target con lo stato giuridico di “stranieri”, lasciando così scoperte, come una coperta troppo corta, intere categorie di persone che soffrono di discriminazioni simili. A farne le spese sono soprattutto le nuove generazioni. È per questo che la città di Torino sta sviluppando sempre di più azioni di “intercultura”, sostituendolo all’approccio di “integrazione”, azioni cioè che rafforzino le comunità attraverso le loro associazioni di riferimento, che migliorino la capacità di ascolto della pubblica amministrazione nei confronti di persone portatrici di culture e religioni differenti, che aumentino le occasioni di dialogo fra parti diverse della società.
Ora un colpo basso. Comune targato M5S. Che ci racconta in proposito in tema di diritti?
Questa domanda mi coglie sul vivo! Nel senso che i diritti sono, è vero, il mio punto debole: non posso fare a meno di occuparmene. Mi permetto questo gioco di parole per dire che per me, come per il mio staff, lavorare sui diritti non è una domanda che presuppone un se, ma presuppone sempre un come. Il problema non è se occuparsi di diritti ma come lo si fa. L’approccio che sto, che stiamo provando a portare avanti è un approccio intersezionale e trasversale, che guarda alle persone nella loro interezza, puntando a valorizzare somiglianze e differenze entro un approccio che mira a a ridurre le diseguaglianze tra le persone. Su questa linea stiamo lavorando molto con le comunità a Torino. Due esempi recenti sono la Giornata delle Moschee aperte e il Protocollo firmato con la Comunità Cinese. Stiamo portando avanti un lavoro di coinvolgimento delle associazioni e delle realtà che sul territorio torinese si occupano di violenza e discriminazione contro le donna, puntando a valorizzare i saperi che in questi anni queste stesse realtà hanno sviluppato. Un esempio è proprio la campagna per il 25 novembre di quest’anno co-progettata e co-ideata dalle realtà del Ccvd. Oppure ancora il lavoro di rafforzamento delle politiche di inclusione delle persone Lgbt grazie soprattutto al lavoro con la Rete Ready e al lavoro di formazione costante interno all’amministrazione portato avanti dal Servizio Lgbt della Città. E poi, infine, il lavoro di confronto e condivisione con le realtà che si occupano di sostegno ed empowerment delle persone con disabilità, il cui esempio principe sarà l’istituzione in Città della figura del Disability Manager. Quindi, questa è quella che voglio sia la mia narrazione sui diritti: non mi accontenterò di niente di meno.
Per questo sono contento di lavorare con consigliere e consiglieri della maggioranza che su questi temi sono in prima linea, così come con il Gdl regionale Pari opportunità. Ad esempio, pochi giorni fa la maggioranza M5s ha votato una mozione presentata dal consigliere Carretta del Pd che dà mandato alla Giunta di negare le piazze a chi non professa i valori antifascisti come indicato nella costituzione, professando e/o praticando comportamenti fascisti, razzisti e omofobi. La presidente della commissione pari opportunità Viviana Ferrero del M5S ha inoltre presentato un emendamento che introduce la transfobia e il sessismo tra i comportamenti da non permettere. Stessa mozione, tutte di ispirazione dell’Anpi e Aned, era stata approvata a Pavia in occasione della modifica del regolamento di polizia municipale dal consigliere M5s Polizzi.
Una domanda infine a carattere sportivo. Marco Alessandro Giusta è della Juventus o del Torino ?
Juventus, come il papà. Anche se ormai da torinese gioisco anche quando vince il Torino.