L’Italia ha violato l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani (diritto al rispetto della vita privata e familiare) rifiutando di registrare i matrimoni contratti all’estero (Canada, California, Usa e Paesi Bassi) da sei coppie di persone dello stesso sesso. In tal modo ha così negato loro protezione legale e altri diritti associati.
Questa, in sintesi, la sentenza emessa oggi dallo Corte europea dei diritti dell’uomo (con cinque voti favorevoli e due contrari) che ha così accolto i ricorsi presentati congiuntamente nel 2012. Quattro anni prima, cioè, dell’approvazione della legge sulle unioni civili. Motivo, questo, dirimente per la Corte di Strasburgo.
Infatti, «sebbene gli Stati – come recita la sentenza – abbiano un ampio potere discrezionale sulla questione se consentire o meno di registrare i matrimoni omosessuali», l’Italia ha comunque commesso «una violazione dei diritti». E questo in ragione del fatto che «la legge italiana non forniva alcuna protezione legale né riconoscimento prima del 2016, quando la legislazione sulle unioni civili dello stesso sesso è entrata in vigore».
Secondo la stessa Corte «gli Stati sono liberi di restringere il matrimonio alle coppie eterosessuali, ma le coppie dello stesso sesso hanno bisogno di riconoscimento legale e di protezione della loro relazione».
L’Italia dovrà risarcire di 5mila euro ogni singolo ricorrente per i danni morali. In più versare una cifra forfettaria di 10mila euro da dividere tra tutti per il rimborso delle spese procedurali.
La notizia è stata accolta con esultanza da Rete Lenford che ha seguito una delle coppie.
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RL ha ottenuto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo la condanna dell’Italia per il mancato riconoscimento legale in Italia dei matrimoni contratti all’estero. CEDU: violato il loro diritto al rispetto della vita privata e familiare.#LGBT #nozzegay #gay pic.twitter.com/INS2LNTiif— Rete Lenford (@ReteLenford) 14 dicembre 2017