Quanto successo domenica a Bucarest continua a dividere gli animi in Romania. La proiezione del film 120 battuti al minuto – vincitore, lo scorso anno, del Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes – è stata infatti interrotta da un gruppo di ultranazionalisti e cristiani ortodossi.
Entrati nella sala cinematografica del Museo nazionale del contadino rumeno, i manifestanti hanno intonato l’inno nazionale e canti sacri. Molti di essi, nello stringere tra le mani croci, icone mariane e striscioni, gridavano: La Romania non è Sodoma oppure Soros, lascia soli i bambini con questa gente. Chiaro richiamo alla teoria complottistica che indica nel magnate magiaro-americano George Soros il principale promotore della lobby gay liberista e finanziatore delle associazioni Lgbti europee per scardinare i valori “tradizionali” del vecchio continente.
I manifestanti hanno anche dichiarato che il film è offensivo per il popolo romeno, nel quale non ci sarebbero persone gay, lesbiche o trans.
Immediata la reazione del MozaiQ, la massima associazione Lgbti del Paese, che attraverso il suo presidente Vlad-Levente Viski ha condannato «i gesti estremi di alcuni gruppi ultra-ortodossi e conservatori che propagano l’odio contro la collettività rainbow».
Ha poi chiesto segnali concreti alla classe politica nazionale in risposta a un’escalation di «violenza fisica e verbale contro le persone Lgbti negli ultimi due anni. Crediamo che la discriminazione è inaccettabile in una democrazia e che tutti i cittadini debbano essere trattati con rispetto. E noi, persone Lgbti, abbiamo diritto alla pari dignità e vogliamo essere protetti dalle istituzioni statali».