Si era ritirato a vivere in provincia di Napoli, dove aveva seguito le ragioni del cuore, dal 1982, e a Napoli è morto, senza clamori, qualche giorno fa, a 95 anni: André Baudry, fondatore e direttore di Arcadie, prima rivista di cultura omosessuale che fu attiva dal 1954 al 1982 e, nonostante l’accanimento della censura, dopo l’approvazione dell’emendamento Mirguet, uscì ininterrottamente con cadenza mensile per ben 344 numeri.
Il ruolo di riviste come Arcadie è stato immenso, soprattutto perché grazie ad audaci pionieri come Baudry si sono gettate le basi del movimento omosessuale, in un periodo precedente ai fatti di Stonewall e, dunque, precedente a un’ufficiale determinazione del movimento di liberazione omosessuale.
Tra i collaboratori della rivista, Maurizio Bellotti ha fornito un continuo e importante contributo dall’Italia con la rubrica Nouvelles d’Italie dal 1960 al 1982.
Ed è proprio Maurizio Bellotti che contattiamo per avere una testimonianza preziosa dacché il sodalizio lavorativo tra Baudry e Bellotti è durato ben 22 anni.
Maurizio, come incontrò Baudry e come diventò collaboratore di Arcadie?
La storia è veramente molto strana. Io, all’epoca, ero giovane e nella mia famiglia c’era un parente che acquistava Il Borghese, un giornale decisamente anti-gay. In un numero di questo periodico, però, apparve un articolo in cui si denunciava la presenza di una rivista francese, Arcadie appunto, che diffondeva contenuti osceni, cioè contenuti omofili. Quest’articolo-denuncia forniva tutti i dettagli sulla rivista Arcadie, compreso l’indirizzo della sede parigina e come contattarla. Quell’articolo mi fu molto utile e quella stessa estate, mi feci regalare da mio nonno un viaggio a Parigi e mi recai a conoscere Baudry!
E come andò l’incontro?
Direi che andò molto bene. Baudry rimase colpito dal mio interesse per gli argomenti della rivista e mi propose di collaborare con una rubrica che offrisse un report dall’Italia. Avrei dovuto parlare di letteratura, spettacolo, cronaca. Mi appassionai subito all’idea! Sono stato l’unico collaboratore italiano fisso della rivista.
Si ricorda qualche suo articolo?
Uno dei primi articoli, raccontava la vicenda della messinscena della commedia di Testori, L’Arialda, commedia venata di tematiche omosessuali che fu portata in scena da Luchino Visconti nel 1960 e reputata tanto scandalosa da subire addirittura il divieto alla rappresentazione. Fu poi rimessa in scena, dopo poco, ma ampiamente purgata, con Umberto Orsini e Pupella Maggio nel cast. A proposito di teatro, ho spesso raccontato anche i progetti drammaturgici portati a compimento da Paolo Poli che toccava sempre, in qualche modo, l’immaginario culturale omosessuale.
Qualche vicenda di cronaca, invece, di cui ricorda di aver scritto nella rivista francese?
Ricordo di aver trattato l’omicidio Lavorini, che mosse l’opinione pubblica contro la comunità omosessuale, e soprattutto ricordo di aver raccontato il terribile Congresso Internazionale contro le devianze sessuali che ebbe luogo a Sanremo nel 1972, in cui si presentavano le terapie psicologiche per “debellare” l’omosessualità!
Che ruolo ha avuto Baudry e Arcadie nella diffusione della cultura omosessuale?
Un ruolo enorme! Baudry amava molto la sua rivista e cercava di darle prestigio coinvolgendo grandi intellettuali dell’epoca ma era un’impresa difficile perché avevano paura di esporsi. Per esempio, Francois Mauriac rifiutò di essere coinvolto, perché lui era cattolico e molto moralista e rifiutò anche Marcel Jouhandeau, autore più noto in Francia che in Italia, anche lui omosessuale ma fervente cattolico e antisemita.
Invece, si deve ricordare l’appoggio dato alla rivista dal raffinatissimo intellettuale francese Roger Peyrefitte, uno degli autori che parlò apertamente della propria omosessualità e che scrisse il bellissimo libro L’esule di Capri dedicato alla vita e agli amori del Conte Fersen.
Che distribuzione aveva Arcadie?
Difficile dirlo. Sembrava una rivista semiclandestina, eppure mi è capitato di trovarla tranquillamente esposta in libreria al centro di Bari o a piazza Duomo a Milano. E proprio a Milano, ho incontrato Baudry per l’ultima volta. Mi comunicò che era stanco, chiudeva la rivista e andava a vivere a Napoli con il suo compagno. Chissà perché scelsero di vivere in provincia di Napoli, nel paese del suo compagno, e non a Parigi…forse perché a Napoli il senso della famiglia è più forte che a Parigi. Ci ripromettemmo di restare in contatto ma in realtà ci siamo sentiti in maniera sporadica. Qualche volta ci siamo sentiti al telefono ma visti mai. E mi comunicò, in una telefonata di qualche anno fa, che la maculopatia da cui era affetto aveva ormai invaso totalmente la sua vista, che avrebbe voluto incontrami per rivedermi ma che ormai distingueva solo ombre.