Le poesie vanno innanzitutto lette senza appesantirle di troppi discorsi. Su questa raccolta di Samuele M. R. Giannetta però è opportuno soffermarsi un po’, perché Il sonno limpido del mare (L’Erudita, Roma 2017) è, a mio avviso, un interessante caso letterario per più di un motivo.
Innanzitutto sorprende la giovane età dell’autore e colpiscono la maturità e la padronanza nell’uso delle parole della poesia che uno non si aspetta in un autore così giovane. E questi versi fanno presupporre una lunga e costante frequentazione della parola poetica che evidentemente Samuele frequenta da giovanissimo, come testimoniano i tanti rimandi, fatti con consumata padronanza, alla tradizione della poesia moderna da Baudelaire a Montale a Sandro Penna. Rimandi a volte nascosti solo in alcune assonanze o in qualche suggestione, a volte esplicitati con vere e proprie citazioni, come avviene, per esempio, con Pasolini, con Montale e con Penna di cui troviamo interi versi inseriti però in un diverso contesto così da assumere altre risonanze e altri significati. Qualche esempio: “il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me” da Forse un mattino andando in un’aria di vetro che in Montale esprimevano lo stupore del poeta di fronte all’illusione della vita, qui diventano il vuoto dell’assenza della persona amata da cui il giuramento di ‘non scrivere più di noi’ insieme alla consapevolezza di essere un bugiardo perché il poeta sa che non potrà che continuare a ‘scrivere di noi’. E ancora, un verso di Sandro Penna, meraviglioso nella sua semplicità, “fu una cosa del tutto naturale “, della poesia dal titolo emblematico Omosessualità, qui è citato con nonchalance in una bellissima poesia d’amore: Poi d’improvviso/ il sonno ti colse, / come la rosa quando/ s’innamora addormentandosi. /E come scrisse già qualcuno / a proposito di corpi nudi:/ fu una cosa del tutto naturale”.
A indurre a immaginare l’autore, se non lo si conosce, come una persona adulta non c’è solo la padronanza linguistica che presuppone un’assidua frequentazione della poesia, ma c’è il contenuto delle poesie stesse, la maggior parte delle quali costituisce un vero e proprio canzoniere dedicato ad un uomo. Sullo sfondo di questa storia di un amore finito tragicamente, veglia, impassibile e suggestivo, il mare: ascoltare – se non parole – /il sonno limpido del mare.
L’io poetico è l’amante che canta in maniera struggente quegli ‘occhi chiusi’, il ‘sapore del silenzio’, i sogni infranti ( ‘ il tempo che resta /è come una porta scura’), una vita senza più futuro (“semplicemente fui giovane…”). La struggente rievocazione di un amore fatto di corpi mai sazi, di voglie che non dicono mai di no, di carne e di pelle, di eros, ma anche di cuore, di occhi che trafiggono, di un continuo cercarsi con le mani tra le lenzuola…fino a che irrompe, tragica, la fine (‘muti tremiamo sul ciglio dell’abisso./ E l’immagine – forma illusoria – di vita/ già consumata. La favola è finita’). E allora ‘manca l’aria senza il tuo respiro addosso’ .
E qui c’è un po’un capovolgimento della tradizione della poesia dell’amore maschile. Di solito il poeta è l’adulto (l’erastès della tradizione greca) che canta l’amore per il ragazzo (l’eròmenos). Qui i ruoli sono invertiti. L’io poetico è il ragazzo (l’eròmenos, il puer) e l’altro è l’adulto (l’erastès, il senex). E questo sconvolge il modello d’attesa del lettore, l’idea stessa di bellezza, accostata sempre alla giovinezza, come ci hanno insegnato secoli di poesia e di cultura occidentale. E questo, senza che il poeta ne abbia necessariamente consapevolezza, è un po’ il segnale di una trasformazione culturale, di un mutamento di paradigma. Il modello dell’amore greco dell’adulto per il giovane nella realtà odierna non è più il modello dominante da tempo. Conosciamo amori maschili, tra coetanei, tra persone di età diverse non necessariamente erastès- eròmenenos, ma i modelli letterari fanno fatica a mutare. Questo modello che viene dall’antica Grecia, arriva fino a noi, fino a Pasolini, a Penna e oltre. Ma qui per la prima volta vediamo un nuovo modo di rappresentazione dell’amore maschile, che si declina, sempre più, in diverse e più articolate combinazioni.
La poesia di Giannetta è una poesia matura ed ha una forte funzione terapeutica, perché rappresenta il tentativo lungo e sofferto di elaborare un lutto, non per dimenticare, ma per collocare un’esperienza, così forte, così traumatica, in una fase della vita. Un’esperienza che certo non si cancella, né si vuole cancellare ma che sta lì, nella memoria e contribuisce alla maturazione della persona. E si tratta di una elaborazione, potente che appassiona e coinvolge, perché nella rappresentazione dell’assenza dell’altro, nel “sapore del tuo silenzio”, in una assenza difficile da vivere (‘le labbra che me cercavano/ sono mute ormai’) c’è come la traccia di un destino. Ed è questo che rende questi versi autentica Poesia.