Si è scritto tanto su Virginia Woolf. Si è scritto tanto da trasformare la grande narratrice anglosassone in un’icona della letteratura occidentale, chiusa nell’aura di una biografia dolorosa che ce la restituisce come modello della vittima che, non reggendo per la seconda volta agli orrori della guerra, non trovò altra via che quella della morte per acqua, unendo così il gesto finale al topos letterario per eccellenza di tante protagoniste di romanzi e drammi.
E così, immersa per consuetudine in una sorta di “lesbodramma” irrisolto e conflittuale, Virginia Woolf è stata spesso ritratta, soprattutto nei saggi apparsi nel nostro Paese, come una donna algida e depressa, incapace di slanci intensi, vitalistici e appassionati. E, se è pur vero che la scrittrice non ammise mai esplicitamente la propria omosessualità, non possiamo comunque dimenticare la lunghissima lista di relazioni femminili e frequentazioni omosessuali che furono il fulcro del suo universo intimo e affettivo.
Dunque, con la convinzione di voler restituire a Virginia quel che è di Virginia, Eleonora Tarabella, studiosa e grande conoscitrice della vita e delle opere della scrittrice – che ha lavorato anche presso il National Trust a Monk’s House, la casa di campagna di Virginia e Leonard Woolf – ha pubblicato il saggio Ti dico un segreto. Virginia Woolf e l’amore per le donne (Iacobelli, Guidonia 2017), in cui schioda la grande narratrice inglese dal profilo austero e drammatico presente nell’immaginario collettivo.
Chiara e indicativa la citazione di Bonnie Zimmermann, posta in epigrafe all’opera: Non si possono capire appieno né apprezzare le vite delle scrittrici (e di innumerevoli altre donne) se il loro essere lesbiche viene ignorato o negato.
Incontriamo Eleonora Tarabella a Napoli, durante la presentazione del volume a Poetè, il salotto letterario organizzato da circa dieci anni, presso il salottino del Chiaja Hotel de Charme, da Arcigay Napoli.
Eleonora, com’è nata l’idea del libro? Hai trovato difficoltà nel reperire testi critici che affrontassero la tematica del lesbismo nella vita e nelle opere di Virginia Woolf?
L’idea del libro è nata dal fatto che su Virginia Woolf è stato scritto di tutto. È stato affrontato il suo amore per i cani. Sono stati raccolti i necrologi dopo la sua morte. È stato analizzato il suo rapporto con le domestiche ma in Italia sono assenti testi di critica letteraria o biografie che mettano in evidenza la tematica del lesbismo.
Mi sono dovuta pertanto indirizzare alla critica americana o inglese con i saggi di Barrett e Cramer Virginia Woolf Lesbian Readings o di Karyn Z. Sproles, Bonnie Zimmerman, Christopher Wiley… Ovviamente sono opere che non sono state tradotte in italiano.
Mancava uno studio sul rapporto della scrittrice con le donne dal punto di vista amoroso, comprendente anche l’erotismo, e mi piacerebbe che Ti dico un segreto: Virginia Woolf e l’Amore per le Donne aprisse nuove strade alla ricerca degli aspetti lesbici nella vita e nelle opere di Virginia.
Oltre alla famosa relazione con Vita Sackville-West, un’altra figura poco studiata è stata quella di Violet Dickinson con cui Woolf ebbe un rapporto amoroso. Ce ne vuoi parlare?
Violet Dickinson era di 17 anni maggiore di Virginia che la conobbe quando, ancora ragazzina, la vide arrivare in casa sua per un tè organizzato da Stella, la sorellastra della scrittrice. Oltre a distinguersi per il suo metro e 85 di altezza, Violet fu una donna di spicco a livello politico perché ricoprì il ruolo di prima sindaca di Bath fra il 1899 e il 1900. Virginia Woolf scrisse una biografia di Violeet Dickinson dal titolo Friendship Gallery, in cui esplorava il suo carattere anticonformista che scardinava sia i canoni patriarcali sia il “galateo” della brava ragazza vittoriana.
Durante il rapporto con Violet Dickinson, Woolf prese coscienza del suo desiderio lesbico che finalmente viene vissuto ed esperito prima ancora di esplicitarsi, in maniera più matura, all’interno della coppia Virginia /Vita.
L’erotismo prorompe in modo lampante se si leggono brani delle lettere di Virginia a Violet Dickinson raccolte da Nicolson e Trautmann nel libro che uscì per Einaudi Il Volo della Mente. Mi sono divertita ad analizzarli per smembrare il mito di virginea asessualità che aleggia ancora intorno alla scrittrice. Leggere frasi come “ti leccherò teneramente” o “ricordati che la prossima volta tocca a me muovere dentro” mi hanno restituito l’immagine di una giovane donna che, innamorata di un’altra, avvertiva l’esigenza di avere rapporti sessuali con lei.
Nel libro stabilisci un collegamento fra Woolf e De André a proposito delle “Passanti”. Chi erano le Passanti per Virginia Woolf?
La canzone Le Passanti, che De André tradusse da George Brassens, mi ha fatto riflettere su come donne di passaggio, incontrate sull’autobus o per le strade di paesini francesi dove Woolf si recava in vacanza, potevano suscitare un’emozione tale nella scrittrice da spingerla a fissare nero su bianco, quasi in un fermo immagine, certe caratteristiche che l’avevano ammaliata.
Potevano essere commesse, cucitrici, ballerine, prostitute – donne senza nome appunto – ma se un particolare le rendeva affascinanti, bastava quello perché Woolf ne restasse irretita. L’ho chiamato “fascino metonimico” dato che la metonimia esprime l’importanza della “parte per il tutto”.
Un esempio è il racconto di Virginia intitolato Un Romanzo Mai Scritto dove, durante un viaggio in treno, una passeggera resta incantata a guardare la donna che viaggia di fronte a lei e, senza neanche parlarci, inizia a cucirle addosso una storia solo a livello mentale, un romanzo mai scritto, appunto.
Altra figura poco studiata in rapporto a Woolf è Ethel Smyth. Chi era Ethel e come si inserì nella vita di Virginia?
Ethel Smyth era una compositrice e direttrice d’orchestra che scrisse e musicò, fra l’altro, La Marcia per le Donne. Da militante suffragetta a fianco di Emmeline Pankhurst, era finita in carcere per aver lanciato sassi contro la finestra del ministro di gabinetto che si era opposto al voto alle donne. Ethel non si sgomentò troppo per i due mesi di detenzione: dormiva nella stessa cella con Emmeline e diresse cento compagne detenute con uno spazzolino da denti, dopo aver loro insegnato la sua famosa marcia.
Rimase folgorata da Una Stanza Tutta per Sé, uno dei due saggi femministi di Virginia Woolf. Volle conoscerla e s’innamorò di lei tanto che la prima cosa che le disse fu: “Lascia che ti guardi!”
Per parafrasare il titolo di un’opera woolfiana, Ethel Smyth comparve “fra un atto e l’altro” della vita di Virginia: la fine della relazione con Vita Sackville West e il suicidio. In Fra un Atto e l’Altro, Ethel Smyth veste i panni di Miss La Trobe, una regista teatrale dal piglio maschile che aveva convissuto con un’attrice e poi si era data a qualche bicchiere di troppo per la fine della loro storia d’amore.
Come affiorano omosessualità maschile e lesbismo nei romanzi e nei racconti di Virginia?
L’omosessualità maschile, ad esempio, emerge nel personaggio di Septimus Smith che, ne La Signora Dalloway, fa da contraltare alla protagonista. Septimus è sposato con Rezia ma continua a pensare ossessivamente al soldato Evans, un commilitone che morì dilaniato da una mina. Soffre di allucinazioni in cui rivive continuamente la scena del compagno che muore e che lui non è riuscito a salvare. Il lesbismo, sempre ne La Signora Dalloway è invece presente nell’amore fra Clarissa e Sally Seton che si baciano sotto le stelle.
Nel meraviglioso racconto intitolato Un College Femminile dall’Esterno si accenna all’innamoramento improvviso di Angela per Alice, sua compagna di studi. Ma il racconto lesbico per eccellenza, con un altro bacio fra donne è Momenti d’Essere: le Spille di Slater Non Hanno Punta. Fu Woolf stessa a definirlo “un raccontino sul saffismo da mandare agli Americani” perché uscì negli Stati Uniti, per la rivista Forum. È la storia di un amore, appena accennato, fra un’insegnante di pianoforte e la sua allieva.
Come dimenticare poi la passione che Lily Briscoe prova per Mrs Ramsay? È bene chiarire, comunque, che si tratta sempre di brevi cenni. In Woolf domina la reticenza a proposito di lesbismo e omosessualità. Quando affrontava scene d’amore fra due uomini o due donne lanciava il sasso e tirava via la mano. Chi legge deve riempire i vuoti, i puntini di sospensione, le frasi lasciate a metà. Ma s’impara, s’impara presto!
Virginia e Vita: un amore intenso ma anche difficile…
La relazione che Virginia Woolf ebbe con Vita Sackville-West non fu facile. Non solo perché entrambe erano sposate – sebbene Vita fosse molto più libera, avendo stabilito col marito, Harold Nicolson (anche lui omosessuale) una coppia aperta – ma anche perché Sackville-West correva la cavallina. Contemporaneamente a Virginia, Vita ebbe altre fidanzate come Dorothy Wellesley (a cui dedicò la poesia The Land), Mary Campbell, Hilda Matheson, ed Evelyn Irons (oltre a due amori giovanili pre-Virginia: Rosamond Grosvenor e la famosa Violet Keppel Trefusis). Virginia si lamentava dei continui tradimenti di Vita e, quando ne scopriva uno, ritornavano le sue feroci emicranie. Tuttavia non riusciva a troncare la relazione. Anche se la data di pubblicazione di Orlando, a ottobre del 1928, avrebbe dovuto sancire la fine del loro rapporto, Woolf restò innamorata di Sackville-West.
Si dettero il primo bacio nel 1923 ma finirono a letto solo due anni dopo. Virginia vide persino oscillare le travi del soffitto. Fu l’emozione, la capacità immaginativa e letteraria e, magari, qualche bicchiere in più di vino rosso di Borgogna…
Che rapporto ebbe Virginia con Leonard?
Ho analizzato il rapporto con Leonard Woolf sfaldando le tante teorie su un matrimonio idilliaco. Basandomi sui saggi di Alma Bond, Christopher Wiley, o Stephen Trombley, per citarne solo alcuni, è emersa una figura di Leonard Woolf estranea al tipico ritratto del bravo infermiere completamente sacrificato e dedito all’accudimento della moglie.
In realtà Virginia si lamentava per come il marito le scandiva le giornate, approvando o impedendole questo o quell’impegno. È vero che Leonard seguiva pedissequamente le prescrizioni mediche ma forse vi si atteneva così tanto da risultare controproducente per il benessere psicologico di Virginia. Lei non poteva ricevere, ad esempio, le visite di Ethel che, secondo il marito, la agitavano troppo oppure aspettava che Leonard fosse fuori per giocare in completa libertà persino con i propri nipoti. Lui, infatti, ristabiliva sempre ordine e decenza e, secondo quanto testimonia Angelica Garnett, la nipote di Virginia, nel suo scritto autobiografico Ingannata con Dolcezza, “era dotato di un’autorità contro la quale non esisteva appello”.
È pur vero che molte lettere di Woolf esprimono un amore romantico verso il marito chiamato con nomignoli come “Adorabile Mangusta”. Tuttavia, il linguaggio sdolcinato e la ripetizione costante di frasi come “tu mi dai quanto di meglio c’è nella vita” o “non avremmo potuto essere più felici” risultano quasi espressione di un autoconvincimento. Le aveva già usate, inoltre, nei suoi libri. Terence le pronuncia a Rachel, la sua promessa sposa, ne La Crocera, e Rachel muore.
Non sono riuscita a trovare un matrimonio soddisfacente nell’opera di Virginia. Racconti come Il Lascito o Lapin e Lapinova mostrano legami eterosessuali come condanne senza scampo. Nel primo la protagonista si suicida mentre, nell’altro, le tocca inventare una realtà parallela, schizofrenica, direi. Trasforma sé stessa nella regina dei conigli e il marito nel re Lapin. Da esseri umani, infatti, non sanno andare avanti.