Diciamolo subito: Nome di donna di Marco Tullio Giordana è un film bello e intelligente ma è, soprattutto, un film attuale. Un film che unisce una sapiente costruzione cinematografica con un misurato taglio narrativo di tipo“giornalistico”. Taglio che fa di questo film un prodotto “democratico” e di grande qualità, in grado di affrontare una tematica importante, come quella della violenza di genere, mescolando realtà e finzione, denuncia e capacità di introspezione.
Nome di donna è un perfetto women’s movie che racconta in maniera asciutta e lineare la storia di una giovane madre che rivendica i propri diritti e la propria dignità, Nina, ben interpretata da Cristiana Capotondi. E di donne come Nina è piena l’Italia: donne molestate, subdolamente condizionate da maschi che non sono fisicamente violenti ma la cui autorità sociale diventa leva psicologica grazie alla quale subordinare e influenzare la volontà e la vita altrui.
Una risposta chiara e intellettualmente onesta a chi, come Catherine Denevue, confonde ancora le molestie con i complimenti e a quanti come Kevin Spacey credono di potersela cavare con delle scuse pubbliche e una superficiale ammissione di responsabilità.
Nina è una donna che decide di autodeterminarsi come madre e come lavoratrice e non accetta perciò alcun tipo di condizionamento. È una donna che ha paura di ribellarsi a un sistema sessista ed eteropatriarcale ma è, altresì, disposta ad andare fino in fondo per tutelare ciò che è suo e che nessuno può, in alcun modo, compromettere: la sua libertà e le sue scelte.
Questo film di Marco Tullio Giordana ha il pregio di spiegare, chiarire, esemplificare come sia giusto e doveroso parlare di molestie non solo in presenza di evidenti e manifesti atti di violenza fisica ma anche davanti a complesse dinamiche di soggezione all’autorità di turno, allorché la pressione, ancor prima che fisica, è dissimulatamente psicologica e limita e mortifica l’altrui modo di agire.
Nel cast del film, è necessario segnalare la presenza di grandi interpreti come Valerio Binasco, nel ruolo del direttore e molestatore seriale, Bebo Storti, avido prelato corrotto, e una grande Adriana Asti, attrice “sul viale del tramonto”, arguta confidente della giovane e smarrita protagonista.