Con quest’intervista al perugino Hakim vogliamo raccontare le storie di quei giovani impegnati nella lotta contro ogni forma di discriminazione. In particolare contro le discriminazioni a danno delle persone Lgbti. Sono storie semplici ma ricche di significato personale e collettivo. C’è un tempo nel quale si prende coscienza della propria capacità di libertà e del voler vivere sostenendo i diritti perché nessuno ne sia escluso. Come diceva Sandro Penna: Felice chi è diverso essendo egli diverso. Ma guai a chi è diverso essendo egli comune.
Ciao, Hakim? Questo nome da dove viene?
Sono uno dei famosi immigrati di seconda generazione: nato e cresciuto in Italia, ma figlio di due stranieri, e per questo divenuto effettivamente di nazionalità italiana solamente dopo il compimento dei 18 anni (e una lunga serie di pratiche). Padre tunisino, madre belga. È un nome arabo: i miei volevano mantenere un richiamo alle mie origini. O forse suonava bene e basta.
Conosco il tuo impegno a favore delle persone Lgbti. Quali sono le emozioni, i successi e le delusioni affrontate?
Nonostante io sia un ragazzetto (25 anni a maggio) gravito attorno alla causa per i diritti da già quasi dieci anni. Sono stato fortunato: a 14 anni ho conosciuto un gruppo di amici, per la quasi totalità composto da altre persone Lgbti della mia età. La loro amicizia mi ha aiutato. Abbiamo potuto percorrere una strada non sempre semplice facendoci forza a vicenda. Ciò ha fatto sì che ci avvicinassimo tutti assieme all’associazione locale solo pochi anni dopo, permettendoci di costruire una coscienza sociale e politica sulle nostre identità che, una volta acquisita, è divenuta a un certo punto una parte fondamentale nella propria vita quotidiana. E oggi sono il coordinatore del gruppo giovani dell’associazione.
A livello emotivo? Un’urgenza impellente di sensibilizzare, di portare avanti temi e battaglie spesso socialmente scomodi, ricercando anche uno scontro – qualora costruttivo – con le barriere più spesse erette da anni e anni permeati di un bigottismo di facciata. Barriere che frequentemente trovano voce anche all’interno della nostra stessa comunità.
È una risposta necessaria in un’era storica in cui ci troviamo sempre più circondati da una crescente tolleranza – o, peggio ancora, una glorificazione – verso pensieri discriminatori e populismi vari.
Cos’è significato per te fare coming out?
Fare coming out è un atto politico. So che un pensiero simile spesso spaventa. Ma nel mondo attuale corrisponde a una rottura con anni e anni di dettami con i quali cresciamo. Insomma, un primo vero e proprio sovvertimento dell’ordine costituito. Il mio coming out è stato particolare, ma sereno. I miei trovarono per puro caso dei materiali dell’Omphalos (l’associazione locale) nel sellino del mio motorino. Mi fecero capire con piccoli indizi che l’avevano letti. Ma lasciarono passare qualche giorno, in attesa che fossi io ad andare da loro.
Poi una mattina in cui eravamo soli a casa, mio padre decise di affrontare la faccenda di petto. E da lì fiumi di parole – e di lacrime – ma il tutto con una certa tranquillità. Quel pomeriggio, quando lo dissi a mia madre tornata dal lavoro, lei rispose candidamente: “Sì, ma ricordati che io i nipotini li voglio comunque”. Mio fratello maggiore mi chiese subito se avessi un ragazzo, perché era ora di portarlo a casa. Ma non sono mai stato granché fortunato in amore.
Bullismo, violenza contro le donne e le persone Lgbti. Quali sono a tuo parere le azioni più urgenti da mettere in campo al riguardo?
Leggi, leggi e ancora leggi. Non fa piacere pensare che, a meno che non si costruisca una situazione di “minaccia punitiva” delle violenze, chi attua discriminazioni più o meno violente verso una fetta di popolazione non si fermerà mai. Ma mi chiedo spesso se non sia la triste realtà dei fatti.
Poi, che la sensibilizzazione ai temi citati sia necessaria e fondamentale sin dai primi anni di età, per me è indubbio. Ma un solido impianto legale a riguardo è un passo altrettanto imprescindibile.
Vivi a Perugia. Qual è la realtà locale in riferimento alle persone Lgbti?
L’Umbria è sempre stata la celebre isola rossa d’Italia. Ma negli ultimi anni il bombardamento di pensieri intolleranti, a cui siamo sottoposti quotidianamente, ha purtroppo iniziato ad attecchire. L’ultimo sindaco eletto a Perugia è stato il primo di centro-destra a ottenere la carica dal Secondo dopoguerra. E emmeno un mese fa è stata inaugurata la sede di Casapound locale nei pressi del centro storico.
Omphalos, la nostra associazione, ha una storia lunga (25 anni) e importante: essa rappresenta una realtà stimata e fortemente radicata nel territorio. Ma eventi, come quelli citati, non possono lasciarci indifferenti. Solo l’anno scorso, giunti alla quinta edizione del Perugia Pride Village, per la prima volta ci siamo visti togliere il patrocinio dal sindaco per una locandina dell’evento raffigurante una nostra drag vestita da Madonna, giudicata offensiva e blasfema. Però, ciò che ne è seguito è stato un sostegno massiccio nei nostri confronti su tutte le piattaforme, social e non, da parte di cittadini e altre associazioni.
Il che, se non altro, ci restituisce il celebre segnale che spesso la società sia effettivamente più avanti di quanto le istituzioni vogliano credere.
Essere giovane e tendere al futuro. È uno sguardo sereno o preoccupato il tuo?
Non so. Mi piacerebbe dire di avere una qualche forma di ottimismo a riguardo. Mi sono appena laureato alla magistrale e mi affaccio al mondo del lavoro: è un momento di grandi cambiamenti personali.
Ma ecco, i risultati delle scorse elezioni del 4 marzo non è che ci abbiano restituito un ritratto particolarmente roseo della forma mentis maggioritaria italiana. Quantomeno, se vogliamo cercare qualcosa di positivo, la lotta per i diritti Lgbti è divenuta un argomento dibattuto a molte riprese nei mass media italiani. Molto più di quanto lo fosse anche solo dieci anni fa. Poi, il tipo di comunicazione che si instaura solitamente sull’argomento, o il silenzio assordante dell’ultima campagna elettorale, quello è tutto un altro paio di maniche. Però non sono del tutto pessimista: momenti fondamentali nella storia della comunità hanno preso piede nei periodi più bui. Abbiamo saputo (o, a volte, dovuto) reagire con forza a momenti storici di discriminazione della nostra comunità. E proprio da lì sono nati alcuni degli eventi più significativi della vita del movimento.
Magari, un Salvini al governo è proprio la spinta di cui necessitavamo per risvegliarci dalla quiete che ha pervaso la comunità nel periodo post-unioni civili.
Hiv, Ist e prevenzione. Qual è il vostro impegno al riguardo sul territorio perugino?
In quanto coordinatore giovani di Omphalos Lgbti, spesso durante gli incontri si instaurano conversazioni sulla sfera sessuale. C’è un misto di timore e curiosità, perché la maggior parte di essi fa conoscenza di tali argomenti di nascosto, tramite il web, dopo che le scuole si rifiutano di costruire programmi solidi di educazione sessuale. Abbiamo casi di presidi che hanno vietato che venisse affrontato l’argomento a scuola. Forse anche per mettersi preventivamente al riparo da gruppi di genitori poco numerosi ma estremamente rumorosi, terrorizzati che i propri, angelici figli possano scoprire che far sesso fuori dal matrimonio non sia un’onta irrecuperabile.
Credo che l’aumentare di casi di Ist sia un’immediata conseguenza di questa atmosfera di terrorismo psicologico sull’argomento. Le nuove generazioni crescono pensando che l’Hiv si prenda bevendo dallo stesso bicchiere di una persona sieropositiva. Ma poi non sanno elencare nemmeno altre tre infezioni o pensano che il preservativo abbia una mera funzione di contraccettivo.
Per quanto riguarda l’associazione, oltre ai canonici incontri di formazione sull’argomento interna ai gruppi che la compongono, distribuiamo materiale informativo, promuoviamo azioni di sensibilizzazione sull’argomento tramite conferenze, incontri con scuole e università e banchetti nelle piazze principali. Abbiamo attivato da un anno a questa parte il Peg checkpoint, in collaborazione con il reparto di Malattie infettive dell’ospedale di Perugia, che ci permette di offrire test gratuiti e anonimi per Hiv e sifilide a tutta la cittadinanza una volta al mese presso la nostra sede.
Per te Omphalos è?
Per me è stata innanzitutto una salvezza, l’acquisizione della coscienza di poter vivere ed esprimere liberamente la mia identità. Oggi è una seconda casa, un luogo sicuro e accogliente, dove ho potuto costruire una seconda famiglia e sentirmi circondato da affetto. Grazie ad Ha ho acquisito talmente tanto che forse il mio stesso mettermi in gioco personalmente come attivista non è altro che un restituire tutto il bene ricevuto. Ma non come resa dei conti, più come una reiterazione di qualcosa di talmente bello da cambiarti la vita.