Inaugurata oggi alle 19:00 a Bologna presso Il Cassero Lgbt Center la mostra fotografica e documentaria Adelmo e gli altri. Confinati omosessuali nel Materano. Si tratta di un progetto di Agedo Torino a cura di Cristoforo Magistro in occasione della Festa di Liberazione.
Fino al 5 maggio sarà possibile ripercorrere, attraverso foto e documenti, le biografie di 28 uomini provenienti da tutta Italia e confinati durante il fascismo nella provincia di Matera con l’accusa di pederastia. Oltre alle 28 storie c’è anche quella di una donna, Gilda, confinata nel 1940 perché tenutaria di una casa di tolleranza nel quale si consumavano rapporti sessuali tra uomini.
In occasione dell’inaugurazione, l’attore e regista bolognese Alessandro Tampieri presenterà in anteprima nazionale il reading Confino. Frammenti per una tragedia mancata, ispirato proprio alle storie raccontate nella mostra.
Poco prima dell’inaugurazione della mostra incontriamo Cristoforo Magistro, curatore della mostra, e il prof. Lorenzo Benadusi, docente associato di storia contemporanea presso l’Università degli studi Roma Tre e massimo esperto della storia delle persone omosessuali durante il regime fascista.
Dr Magistro, quali sono state le difficoltà relative all’allestimento della mostra Adelmo e gli altri. Confinati omosessuali nel Materano?
Questa mostra è nata da una ricerca del curatore presso l’Archivio di Stato di Matera protrattasi per cinque estati poiché ì fascicoli dei confinati omosessuali non sono distinti dagli altri contenuti nel fondo confino ricco di ben novanta pacchi. Quindi una gran fatica e una certa spesa poiché in quegli anni la consultazione costava tre euro a pacco. Ciò detto va precisato che quel materiale e la mostra che ne è nata non avrebbe visto la luce o non avrebbe avuto nessuna circolazione senza il supporto di Agedo e della rete di associazioni del mondo Lgbt. Nonostante tutto devo anche dire che questo non sarebbe bastato senza l’aiuto di mia moglie che si occupa dell’organizzazione degli eventi, spedizione dei pannelli, ecc. e senza il supporto di un altro “padre” della mostra, Giovanni Zardini che ha prestato gratuitamente la sua grande professionalità per realizzarla
Per l’allestimento di Bologna, ci saranno delle novità rispetto alle precedenti realizzazioni della mostra? Nel curare la mostra a quali elementi o significati ha avuto interesse a dare maggiore attenzione e rilevanza?
L’allestimento di Bologna avrà tre pannelli in più rispetto alla precedente, tre pannelli relativi ai tre fascicoli conservati nell’Archivio di Stato di Potenza. Tenendo presente che i confinati nel Potentino (100 comuni) in genere furono più del doppio di quelli nel Materano (31 comuni), il loro numero apparirà estremamente limitato. Ciò è dovuto alla distruzione di gran parte del fondo confinati causato dal bombardamento alleato su Potenza del settembre 1943.
Sul piano della ricerca credo di poter dire che una sistematica esplorazione degli archivi provinciali del Mezzogiorno potrebbe dare un’idea approssimata del confino omosessuale. Approssimata poiché, come si è detto per Potenza, non tutto il materiale è arrivato fino a noi.
Quello che risalta anche in questa mostra è che persino le popolazioni del mezzogiorno più povero e arretrato avevano una concezione più moderna di quella della classe dominante della diversità. Gli omosessuali non furono discriminati dalla gente in Lucania e molti di loro fecero sincere amicizie, alcuni arrivarono al punto di sposarsi con ragazze di quei paesi. Alcuni altri, pochi per fortuna, incapparono in sorveglianti che fecero di tutto per rendere loro la vita difficile nella consapevolezza che nessun loro abuso sarebbe stato punito.
Prof. Benadusi, qual è la storia “sconosciuta” che la mostra Adelmo e gli altri finalmente rivela? Quanto lavoro c’è dietro questa interessantissima operazione?
L’aspetto più interessante della ricerca è quello di aver individuato le cartelle biografiche di questi confinati, in modo da ricostruire la loro vita prima e durante il confino. Si tratta di 25 persone provenienti da ogni parte d’Italia, di bassa estrazione sociale (vi è anche un marchese che però evita il confino trasferendosi in Svizzera), tranne poche eccezioni mandati al confino comune.
La ricerca fornisce un tassello importante per ricostruire la storia dell’omosessualità nell’Italia fascista perché attraverso quest’indagine su scala locale è possibile individuare nuovi documenti che rendono più chiaro il fenomeno della repressione della pederastia, sia a livello numerico, sia nelle strategie messe in atto dalle forze dell’ordine.
Nei precedenti allestimenti della mostra ha mai riscontrato resistenze e difficoltà? Come è stata accolta la storia delle persone omosessuali durante il fascismo?
La mostra è stata già presentata a Torino, a Parma e a Ragusa Ibla, dove in occasione dell’inaugurazione è stato organizzato, in collaborazione con l’Università di Catania, un convegno specifico sul tema. L’accoglienza da parte del pubblico è stata molto buona, con una partecipazione numerosa e un vivo interesse. Purtroppo proprio a Matera non è stato invece possibile organizzare la mostra e la proposta di creare un evento in occasione del 2019 Matera capitale europea della cultura, non è stata accolta.
L’interesse mostrato per queste storie “dimenticate” ha inoltre favorito la nascita di una sorta di network con persone, associazioni e società, come quella della Public History, che stanno portando aventi progetti, documentari e ricerche proprio a partire da quanto fatto sui casi dei confinati nel materano.