Il cambiamento per dirsi tale deve passare attraverso gesti concreti. In caso contrario le parole di preannuncio resteranno flatus vocis e suoneranno da scherno a chi ne attendeva l’attuazione.
Gli ultimi due giorni resteranno a tal riguardo indicativi d’un effettivo mutamento di relazionarsi con le persone Lgbti da parte di alcuni esponenti dell’episcopato italiano. E, per giunta, di rilievo.
A partire dall’agire felpato del vescovo di Bergamo Francesco Beschi che, senza pronunciamenti formali, ha spinto il guardiano del convento dei cappuccini orobici ad annullare l’adorazione eucaristica del 21 maggio in riparazione del Pride locale.
Promosso dal Circolo del Popolo della Famiglia di Seriate con l’adesione del Comitato provinciale bergamasco dello stesso partito adinolfiano, del Movimento per la Vita della Val Cavallina, di Intercomunione Bergamo/Brescia, dei circoli locali de La Croce e del Movimento Preghiera delle mamme, il momento paraliturgico non avrà più luogo.
«Il Pdf, per il senso di responsabilità che nutre nei confronti della diocesi di Bergamo – si legge nel comunicato ufficiale del circolo promotore –, ha ritenuto opportuno annullare l’iniziativa, fatto che non impedirà di proseguire il proprio impegno a tutela e salvaguardia della vita e della famiglia».
Da atti inibitori ad atti propositivi: come quello di Corrado Lorefice, arcivescovo metropolita di Palermo, che ha composto il testo d’una preghiera da leggersi al termine delle messe festive del 12 e 13 maggio.
In essa, mentre si deplorano con fermezza le «espressioni malevole e azioni violente» nei riguardi delle persone omosessuali, si invoca per i cristiani un’adesione «alla grazia dell’Evangelo, perché testimonino e annuncino, con audacia profetica, l’incondizionato rispetto dovuto ad ogni persona e denuncino ogni forma di discriminazione ed emarginazione».
Preghiera che, scritta in prossimità della Giornata internazionale contro l’omotransfobia, sarà appunto letta la sera del 17 maggio nel corso della specifica veglia ecumenica itinerante tra Piazza Politeama e la Parrocchia di S. Lucia al Borgo.
Un gesto consimile ma più fortemente significativo arriva da Reggio Emilia, dove il 20 maggio si terrà presso la parrocchia di Regina Pacis la seconda edizione della veglia di preghiera per il superamento dell’omofobia, della transfobia e ogni forma di intolleranza voluta da don Paolo Cugini.
Veglia che, fortemente osteggiata nel 2017 dallo stesso vescovo locale Massimo Camisasca e con toni di corale protesta da gruppi di cattolici tradizionalisti, è stata nelle scorse settimane nuovamente al centro di polemiche infuocate e attacchi reiterati da parte del neonato Gruppo di preghiera-riparazione 20 Maggio.
Tanto più che quest’anno l’iniziativa – agli occhi dei contestatori nostalgici d’un cattolicesimo piano – sarebbe aggravata da un «orientamento interreligioso-pancristiano» dovuto alla partecipazione della pastora battista Lidia Maggi. Ma a finire questa volta nel mirino del presidente Alessandro Corsini e dei suoi sodali lo stesso ciellino Camisasca per aver preso parte, il 16 aprile, a un incontro col Gruppo Cristiani Lgbt presso la parrocchia Regina Pacis.
Dopo le dichiarazioni di Don Paolo Cugini a Gaynews i toni hanno raggiunto un tale parossismo da indurre alcuni quotidiani cattolici conservatori a rilanciare per l’occasione i concetti di omosessualismo e omoeresia e spingere taluni a un’operazione di mailbombing nei riguardi di Camisasca perché vietasse “l’indegna veglia”.
Ma gli effetti sono stati esattamente contrari a quelli sperati. Tanto più che il forzare la mano all’autorità episcopale suona ancor più inaccettabile se di quella autorità ci si va proclamando vindici e difensori menzionando Tridentino, Sillabo e Catechismo di S. Pio X. Infatti non solo il vescovo Camisasca non ha annullato la veglia del 20 maggio ma ha ufficialmente comunicato che a presiederla sarà proprio lui.