Una denuncia singolare ma icastica quella che l’accademico 60enne Andrea Cozzo, ordinario di lingua e letteratura greca presso l’Università di Palermo, ha pubblicamente sporto contro l’annullamento della giornata di studi Lgbt: richiedenti asilo, orientamento sessuale e identità di genere prevista ieri all’ateneo di Verona. Giornata di studi che, presa di mira da Forza Nuova e CasaPound, era per il rettore Nicola Sartor oggetto di troppe strumentalizzazioni.
E così, ieri mattina, il professore Cozzo si è presentato a lezione con una t-shirt recante, sul davanti, la scritta Io sono omosessuale e, sulle spalle, quella Siamo tutti omosessuali. L’aveva annunciato con un post su Facebook, cui ne è seguito un secondo con tanto di foto in aula dalla ore 12:00 alle 14:00: Oggi, a lezione, per dire no all’omofobia.
Per saperne di più, lo abbiamo raggiunto telefonicamente
Professore Cozzo, lezione in t-shirt dal messaggio inequivocabile. Ma facciamo un passo indietro. Qual è stata la sua prima reazione quando ha sentito dell’annullamento del convegno sui migranti Lgbt da parte del rettore dell’Università di Verona?
Francamente stentavo a credere alle mie orecchie o, meglio, ai miei occhi visto che ho letto la notizia. Ho sperato a lungo che fosse una bufala. Anzi, continuo a illudermi che sia così per non dare una valutazione troppo negativa dell’università italiana. E, qui, non si tratta di chiudere gli occhi ma di guardare in positivo. Non voglio dunque criticare ma guardare avanti e dire: No, l’università italiana è un’altra cosa. Se esiste quella, non lo so. Ma se esistesse, dev’essere compensata dall’altra università. Quella che, invece, crede che cultura ed emancipazione sociale sono la stessa cosa e non due realtà differenti.
Ha deciso allora d’indossare l’oramai famosa t-shirt?
In realtà, l’ho indossata per la prima volta il 22 maggio in università al convegno sulla natura Forme, parole e metafore della physis. Ho tenuto una relazione su sessualità naturale e sessualità non naturale in un’opera delle Pseudo-Luciano. Sono abituato a far interagire il lavoro specialistico col presente, occupandomi di temi antichi che abbiano una risonanza nel presente.
Sapevo che era una tema che avrebbe suscitato discussione. Ho voluto, dunque, esplicitare il rapporto coi presenti non soltanto con la lettura dell’analisi dell’operetta pseudolucianea ma anche con la mia pelle, per così dire, col mio corpo mostrando cosa volevo dire con riferimento al presente. E, visto che in quest’operetta si contrappongono due tesi, una che sostiene l’innaturalità dell’omosessualità, l’altra che la difende come elemento culturale superiore alla necessità della natura, ho esplicitato così il mio pensiero.
Qual è stata la reazione dei colleghi e degli studenti?
Da parte dei colleghi non c’è stata alcuna opposizione. Alcuni di loro, piuttosto, si sono limitati a guardarmi tra lo stranito e il severo. Da parte degli studenti c’è stata invece un’accoglienza positiva tanto più che alcuni di essi sono dichiaratamente omosessuali. Ho visto davvero brillare i loro occhi. Per me è stato un momento bellissimo. Ho subito pensato: Ho fatto del bene, perché sono persone che non trovano appoggio nella società e un tale gesto è stato per loro significativo. Per la prima volta è come se avessero sentito di non essere soli. Non appena ho letto la notizia del covegno annullato, non ho avuto nessun dubbio che era il caso di replicare.
E le reazioni?
Anche, in questo caso tutte positive.
Professore, riallacciandoci al tema di natura, è noto come si faccia spesso riferimento in area cattolica al concetto d’innaturalità dell’omosessualità con riferimento al parà fusin di Paolo. Da filologo qual è la sua valutazione?
Si tratta d’un’espressione da contestualizzare in un periodo ben determinato e in una cultura ben determinata: quella ebraica che era molto diversa da quella greca. Il monoteismo ebraico era la religione dogmatica d’allora perché, mentre i politeisti erano disponibili ad accogliere qualsiasi altra divinità, i monoteisti (ossia gli ebrei e i cristiani che, in qualche modo, ne erano una costola) erano gli unici dogmatici non disposti a ciò.
Essi adoperavano piuttosto dei mezzucci – mi si consenta il termine – per cercare d’inserirsi in maniera soft nel politeismo. Paolo, quando va ad Atene, fa riferimento al Dio ignoto (θεὸς ἄγνωστος), di cui aveva letto su un’ara, per dire: Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. Insomma, anziché parlare con chiarezza, cerca d’intrufolarsi all’interno del politeismo inaugurando quella linea che sarà perseguita fino a Costantino e che avrebbe portato all’affermazione del monoteismo cristiano.