Le affermazioni del neoministro leghista Lorenzo Fontana sulla non esistenza di altre famiglie, che non siano quelle tradizionali, sono del tutto sbagliate esattamente come il nome del suo dicastero che dovrebbe chiamarsi Ministero delle famiglie.
Fontana forse vive in un mondo a parte di qualche secolo fa. Sarebbe meglio che si svegliasse e si rendesse conto che esiste la modernità dove ognuno costruisce, spesso faticosamente, la propria vita familiare contribuendo così alla coesione sociale e al benessere collettivo. Ogni famiglia di qualsiasi tipo è un bene per la società.
Farebbe bene a studiare la sentenza cosiddetta “Oliari” (dal nome di uno dei ricorrenti) del 21 luglio 2015 con cui la Corte europea dei diritti umani ha condannato all’unanimità l’Italia per violazione dell’articolo 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo. Quello, cioè, sul “diritto al rispetto della vita familiare e privata“. Stabilendo, inoltre, che lo Stato dovrà versare a ognuno dei ricorrenti 5mila euro per danni morali.
Il ministro sembra, in realtà, ignorare la pluralità di modelli familiari come desumibile da principi costituzionali e ribadita da numerose sentenze a partire da quelle della Cassazione. È di alcuni giorni fa il verdetto della Suprema Corte che non solo ha riconosciuto la validità del provvedimento francese a favore di Giuseppina La Delfa e Raphaëlle Hoedts in riferimento alla reciproca adozione dei rispettivi figli biologici ma ha anche respinto ogni pregiudizio di omogenitorialità. La stessa legge 76/2016 (legge Cirinnà) fa riferimento in un passaggio alle coppie unitesi civilmente, anche in presenza di figli, come “famiglia”.
È pur vero che le affermazioni odierne di Fontana sull’inesistenza delle famiglie arcobaleno non sorprendono poi del tutto. Sono infatti note le dichiarazioni, da lui rilasciate nel 2016, sulla famiglia naturale sotto attacco da parte dei gay.
Verrebbe da chiedere al ministro a quale concetto di natura si riferisce nel parlare di “famiglia naturale”. Ad Aristotele? A Tommaso d’Aquino? A Giusto Lipsio? A Spinoza? A Kant? A Baumann? In realtà Fontana con le sue affermazioni paga lo scotto non solo a personali convinzioni passatiste ma anche a quei gruppi cattoreazionari, dal Family Day a CitizenGo, che hanno sostenuto elettoralmente il programma xenofobo, razzista e discriminatorio di un partito come la Lega.
Non esiste un solo modello familiare e, questo, non da oggi. Una riflessione sul concetto di familia in epoca romana e medievale nonché l’estensione dello stesso a entità diverse, come ad esempio quello di “famiglie religiose” con riferimento a frati e suore, lo potrebbe aiutare in tal senso.
Ciò detto, un ministero della Famiglia, per dirsi tale, dovrebbe dunque cercare in tutti i modi di allargare il concetto di vita familiare visto che viviamo in un mondo dove ci si sposa sempre di meno e dove i nuclei familiari sono sempre più ristretti. Che senso ha escludere e discriminare tutti coloro che non sono eterosessuali, che non sono sposati o che non hanno figli? Una follia, peraltro molto minoritaria nella società.
Le affermazioni di Fontana sembrano preludere a una stagione di campagna diffamatoria e di azioni umilianti nei confronti non solo delle persone Lgbti ma anche nei confronti delle donne libere (i riferimenti odierni al tema dell’aborto ne sono una riprova). Cosa, questa, possibilissima anche senza toccare i diritti fondamentali conquistati finora. È ben noto come tali posizioni politiche abbiano ricadute negative in termini di malessere e di atti omo-transfobici. Non c’è peggiore politica di quella che calpesta la dignità dei suoi cittadini e cittadine.
Per questo motivo lanciamo oggi una sfida al ministro Fontana: ci riceva e ascolti le nostre ragioni che sono quelle dei diritti universali di qualsiasi coppia tanto etero quanto omosesauale. Che sono quelle della coesione sociale e del bene comune.