Lorenzo Fontana non ha fatto in tempo a giurare quale ministro della Famiglia che ha già esplicitato il suo pensiero sull’ambito di competenza di tale dicastero.
Facendo il verso alle dichiarazioni di Salvini, il vicesindaco di Verona ha oggi dichiarato a Il Corriere della Sera: «Voglio intervenire per potenziare i consultori così di cercare di dissuadere le donne ad abortire. Sono cattolico, non lo nascondo. Ed è per questo che credo e dico anche che la famiglia sia quella naturale, dove un bambino deve avere una mamma e un papà».
Pur assicurando che «quando verranno presi provvedimenti in favore dell’infanzia, saranno estesi a tutti i bambini, indistintamente e indipendentemente dai genitori», ha affermato poi lapidariamente: «Perché esistono le famiglie arcobaleno? Per la legge non esistono in questo momento».
Nessuna sorpresa, invero, da chi, contiguo a ProVita, CitizenGo (sul suo sito campeggia la foto del Bus No-Gender), ai gandolfiniani del Family Day e alla galassia dei gruppi tradizionalisti cattolici (le sue nozze sono state benedette secondo il rito tridentino da don Vilmar Pavesi, sacerdote della Fraternità San Pietro, noto per aver scagliato anni fa un pubblico anatema in Sardegna augurando ai figli dei nemici del parroco di Gesico di rimanere orfani e alle loro mogli di diventare vedove), è noto per le sue dichiarazioni passate sui gay: «La famiglia naturale è sotto attacco. Vogliono dominarci e cancellare il nostro popolo».
Salvini prende le distanze
Tra i primi a plaudire alle affermazioni di Fontana sulle famiglie arcobaleno Giancarlo Cerrelli, segretario nazionale del comitato Sì alla famiglia, con un tweet.
Inizia, finalmente, con il ministro della famiglia @Fontana3Lorenzo (Lega) un nuovo corso a favore della valorizzazione della famiglia naturale e del diritto alla vita.
Corriere della Sera 2 giugno 2018 pic.twitter.com/ALYPZQsMY0— Giancarlo Cerrelli (@GianCerrelli) 2 giugno 2018
Ma, a fronte delle lodi sperticate da parti tanto di cattoreazionari quanto di politici come Gasparri e Meloni, è montata sin dal mattino una tale polemica da spingere Matteo Salvini a prendere le distanze affermando che, pur essendo libero ognuno d’avere le sue idee, quelle di Fontana «non sono priorità e non sono nel contratto di governo. Unioni civili e aborto non sono leggi in discussione».
Affermazioni rilanciate in serata a Vicenza, dove ha dichiarato: «Non ho nessuna intenzione di rivedere leggi del passato come l’aborto e le unioni civili: da papà sono convinto che i figli devono avere un papà e una mamma ma la questione delle famiglie non è all’ordine del giorno di questo governo, ci hanno votato per avere meno immigrati e più sicurezza». Tanto che lo stesso Fontana, intorno alle 18:30, è stato costretto a esprimersi ribadendo le parole di Salvini e schernendosi in nome di presunte strumentalizzazioni delle sue parole.
Polemiche a catena: il j’accuse delle associazioni
Tra i primi a contestare Fontana in mattinata il gruppo Dems Arcobaleno che in un post ha affermato: «Invitiamo il ministro a farsi un giro nel Paese reale, uscendo per un attimo dalla sua isola reazionaria, ma soprattutto a un rapido ripasso della legge n. 76/2016 – che definisce l’unione civile in termini di “famiglia” e non esclude la presenza di figli – dei principi costituzionali sulla pluralità dei modelli familiari, della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, della Corte di Cassazione, delle Corti di merito che ampiamente riconoscono il valore della vita familiare omosessuale».
Marilena Grassadonia, presidente di Famiglie Arcobaleno, si è chiesta: «Come fa un ministro della Repubblica ad affermare che noi e i nostri figli non esistiamo, quando non solo i nostri bambini sono perfettamente inseriti nella società, nella scuola, tra i loro coetanei, ma decine di sentenze della Corte Costituzionale, della Cassazione e sempre più comuni che riconoscono i nostri figli alla nascita, certificano che noi esistiamo a tutti gli effetti, anche giuridicamente, per lo Stato italiano?».
Sebastiano Secci, portavoce del Roma Pride, ha risposto in questo modo al ministro: «Sabato 9 giugno vedrà che le nostre famiglie esistono e quanto sono numerose, belle allegre e chiassose, rivendicheremo i nostri diritti ancora con più insistenza di prima».
Se per Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay, è necessario che il presidente del Consiglio assegni al più presto «la delega alle Pari Opportunità, investa sulle politiche dell’uguaglianza, risolva le diseguaglianze e le discriminazioni», dal comitato La Gioconda di Reggio Emilia è stato lanciato un appello quanto mai incisivo e significativo che correla giustamente le istanze xenofobe di Salvini con quelle naturalfamilistiche di Fontana.
«È necessario sfruttare politicamente – così nella parte finale il presidente Alberto Nicolini – i cortei e i palchi dei pride, e dobbiamo parlare chiaramente alle persone che sono pronte a ascoltarci e a lottare con noi. Non per dire che siamo delusi e arrabbiati, ma per dire che noi ci siamo, che non ci fermiamo, che siamo rifugio e luogo di azione vera. Ora che la Lega governa, dobbiamo creare gruppi di incontro e supporto migranti in tutto il paese. Dobbiamo far sapere che siamo casa per le famiglie arcobaleno, per le vittime di bullismo.
Dobbiamo accelerare, e dobbiamo farlo ora. La nostra associazione deve cambiare passo, diventare davvero L; G; B; T; I; e non solo G. Deve parlare con voce chiara, e agire con coraggio».
Per Enrico Oliari, fondatore e presidente di GayLib, «il nuovo governo deve fare molta attenzione a non fare scivoloni sui diritti civili delle coppie gay e lesbiche. Siamo già arrivati una volta alla Corte europea dei diritti dell’uomo che con la sentenza che porta il mio nome ha condannato l’Italia appena tre anni fa. È chiaro che di fronte a ulteriori violazioni si arriverebbe a nuove condanne che sottolinerebbero quello che in realtà le associazioni gbt continuano a sostenere da sempre: la pur ottima legge Cirinnà sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso manca di una reale e definitiva parificazione in termini legislativi, lacuna dentro cui rigurgiti di omofobia trovano un apparentemente facile appiglio».
La condanna della poltica: le voci forti di Alessandro Zan e Monica Cirinnà
Non sono mancate parole dure di condanna da parte di esponenti della classe politica. Da Morani a Orfini, da Serracchiani a Bersani, da Fratoianni a Boldrini fino al sindaco di Milano Giuseppe Sala (per citarne alcuni) è stato un coro unanime di proteste contro le dichiarazioni di Fontana.
Tra queste sono da segnalare quelle del deputato Alessandro Zan, già dirigente di Arcigay e fondatore del Padova Pride Village, che ha dichiarato: «Fontana inizia il suo lavoro al servizio del Paese negando la realtà. In 12 ore da ministro ha già dimostrato non solo di essere totalmente inadeguato al ruolo, ignorando tutte le sfumature che compongo la nostra società, ma anche di essere irresponsabile e complice di una scia di odio crescente verso le persone Lgbt.
Fontana forse non si rende conto che con sparate come questa, dal ruolo di ministro, legittima e autorizza discriminazioni e violenze. È vergognoso che un ministro della Repubblica apra il mandato contro una parte di cittadine e cittadini, a cui la Costituzione riconosce diritti che lui tenta di negare. Fermi in fretta questo gioco pericolosissimo, o gli sfuggirà di mano».
Sulle dichiarazioni di Fontana si è espressa reiteratamente in giornata la senatrice Monica Cirinnà, che ha fra l’altro detto: «Negare l’esistenza di chi chiede diritti e riconoscimento equivale a voler oscurare dei cittadini, sileziarli, relegarli fuori dal dibattito politico e sociale. La legge 76/2016 ha finalmente, dopo 30 anni di attesa, riconosciuto diginità e uguaglianza alle coppie gay definendole come famiglia, riconoscendo giuridicamente la loro vita familiare non escludendo la presenza di figli.
La pluralità dei modelli familiari non è solo riconosciuta dalla legge 76 ma anche da consolidate giurisprudenze europee e della Corte di Cassazione. Il ministro ha giurato sulla Costituzione e non può disconoscerla nei suoi articoli 2 e 3 e deve assumersi la responsabilità di essere il ministro di tutti e non solo della sua parte politica».
Ma già ieri sera la madrina della legge sulle unioni civili aveva lanciato dal palco del Gay Village di Roma un appello al ministro Fontana, di cui si potevano presagire le dichiarazioni odierne.
Un silenzio, invece, assordante quello del M5s, rotto soltanto dopo le 19:00 dal laconico commento del senatore Nicola Morra: « Le leggi le fa il Parlamento e anche un ministro è tenuto a rispettare le leggi dello Stato. Lo stesso Salvini è intervenuto per porre argine a una dichiarazione non felicissima».
Conte, presago: «Lo terremo a bada»
Nessuna parola, invece, da parte del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il quale ha dato prova d’essere in ogni caso consapevole delle riserve che hanno accompagnato la nomina di Fontana al ministero della Famiglia sin dal suo annuncio.
Come raccontato da un giovane vivente a Roma, «mentre mangiavo un gelato in via del governo vecchio, ecco spuntare Giuseppe Conte. Mi sono subito avvivinato per fargli gli auguri e chiedergli una foto. Lui è stato gentile e disponibile.
Ne ho approfittato per palesargli i miei timori circa i provvedimenti del nuovo governo in tema di diritti civili. Lui è andato subito al cuore della questione: “Si riferisce al ministro Fontana?”. Io: “Sì”. Conte: “Non si preoccupi: lo terremo a bada!». Si starà a vedere.