Debutta in anteprima, al Napoli Teatro Festival, il nuovo progetto drammaturgico di Fortunato Calvino, regista e autore da sempre vicino al mondo alla comunità Lgbti, che ha più volte raccontato la vita e le esperienze delle persone omosessuali e transessuali con un’attenzione particolare per il mondo dei femminielli napoletani.
Il nuovo lavoro, Fuoriscena, oltre ad avvalersi della partecipazione di una protagonista della scena teatrale napoletana e italiana, come Antonella Morea, nei panni di un’attrice sul viale del tramonto, vede la presenza di un noto mattatore della commedia brillante quale Gino Rivieccio che intepreta, per la prima volta, il ruolo di un omosessuale.
Incontriamo Gino Rivieccio a poche ore dal debutto.
Ci può brevemente descrivere il suo personaggio nello spettacolo Fuoriscena?
Premetto che è un lavoro carico di emozioni, e per questo bellissimo, con punte di leggerezza. Manuele è un uomo gay che vive da solo, lacerato dalla morte del compagno avvenuta anni prima. Ha una vicina di pianerottolo, Gloria, un’ex attrice omofoba e insofferente verso gli omosessuali e il loro mondo. Dopo violenti scontri iniziali il loro rapporto cambierà. Sarà la vita con i suoi accadimenti a far scattare quella sensibilità e quella solidarietà, facendo cadere tutte le barriere e i pregiudizi che entrambi hanno verso il mondo dell’altro.
Il finale a sorpresa rivelerà tutto il crogiolo di sentimenti e di emozioni nascoste fino a quel momento.
È la prima volta che lei interpreta la parte di personaggio omosessuale? Quanto è difficile non cadere nel cliché e realizzare, invece, un personaggio credibile e reale?
Sì, è la prima volta che mi è stato proposto un personaggio omosessuale. Oggi riconosco che ad ogni attore dovrebbe capitare l’occasione di misurarsi in un ruolo simile. Forse era quello che mi mancava nella mia lunga carriera e mi rendo conto dell’arricchimento interiore che questo ruolo mi ha donato.
Io credo di aver affrontato questa prova semplicemente da attore, immedesimandomi nel personaggio ed evitando qualsiasi macchiettizzazione del gay come, invece, è stato fatto troppo spesso in un certo deprimente cinema commerciale.
Fuoriscena è una pièce che parla anche di esclusione e solitudine. Lei crede che oggi l’Italia sia un Paese che include le persone omosessuali o invece le discrimina?
Personalmente frequento un ambiente, quello artistico, dove non esistono esclusioni: siamo tutti un po’ matti e un po’ strani, per cui non viviamo il problema dell’accettazione. Ho tanti amici gay tra cantanti e attori, per cui proprio non sento il problema dell’omofobia. Però ti posso dire che spesso c’è un atteggiamento, al contrario, molto selettivo da parte dei gay: probabilmente è un modo di mantenere alte le difese e proteggersi da una società che non è ancora del tutto matura all’accettazione dell’altro.
Ma i tempi sento che sono maturi. Mi auguro che lo diventino anche quelli che finora hanno mostrato un crescente strabismo verso il tema.