In Bulgaria il ministero dell’Interno aveva negato all’australiana Cristina Palma, sposatasi in Francia con Mariama Diallo (cittadina francese) il 1° giugno 2016, il permesso di soggiorno non essendo ivi legale il matrimonio tra persone dello stesso stesso.
Il 29 giugno (ma la sentenza è stata pubblicata soltanto ieri) il Tribunale amministrativo della capitale bulgara ha però accolto il ricorso della donna sulla linea della recente sentenza Coman emessa, il 5 giugno, dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.
Come noto, la Grande Sezione del tribunale lussemburghese s’era espressa, lo scorso mese, sul caso del cittadino romeno, Relu Adrian Coman, che si era visto rifiutare dalle autorità del suo Paese il diritto di soggiorno superiore a tre mesi per il proprio compagno, il cittadino statunitense Robert Clabourn Hamilton, con cui si era sposato a Bruxelles nel 2010.
Pur affermndo che gli Stati membri Ue sono liberi di optare o non per il matrimonio egualitario, la Corte aveva sentenziato che «essi non possono ostacolare la libertà di soggiorno di un cittadino dell’Unione europea rifiutando di concedere al suo coniuge dello stesso sesso, cittadino di un Paese non Ue, un diritto di soggiorno derivato sul loro territorio». Ribadendo altresì che i cittadini dell’Unione godono del «diritto di condurre una normale vita familiare» quando circolano da uno Stato all’altro.