Il 24 luglio è nata a Piacenza la seconda figlia di Sara e Irene, due donne locali unite civilmente. La piccola è stata concepita in Spagna, dove le due donne hanno prestato, mesi fa, il loro consenso a una fecondazione con donatore anonimo.
Sara e Irene erano fiduciose che dopo il parto avrebbero ottenuto a Piacenza, come in tanti altri Comuni italiani, il riconoscimento di entrambe. Si sono perciò mosse in anticipo e hanno contattato sia i vertici politici dell’amministrazione sia gli Uffici comunali.
Quando però è nata la piccola non solo l’ufficiale di Stato civile si è rifiutato di ricevere il riconoscimento di entrambe le madri. Ma si è opposto a formare un atto di nascita attestante che la bambina è nata da fecondazione assistita.
A Sara, la madre biologica, è stato detto che, se avesse voluto essere giuridicamente riconosciuta, avrebbe dovuto dichiarare di aver avuto un rapporto sessuale con un uomo, garantendo altresì che questi non è parente né affine.
Essendo Sara unita civilmente, ciò significherebbe dichiarare una condotta extraconiugale in violazione dei doveri propri anche degli uniti civilmente. Significherebbe, soprattutto, dichiarare il falso e attestare in un atto pubblico che c’è un padre anche se non è indicato il nome di questo uomo. Come noto, per il diritto italiano l’uomo che ha determinato con la copula carnale una nascita è, volente o nolente, padre del nato.
Ma proprio le false dichiarazioni allo Stato civile costituiscono gravi reati se alterano lo stato del minore. Ma è parimenti reato non dichiarare l’avvenuta nascita di un nato. Senza dimenticare che in assenza di atto di nascita il nome e cognome sono attributi dal Comune e non dai genitori. Infine una segnalazione del Comune alla Procura dei minori potrebbe determinare l’avvio di indagini per minore abbandonato.
Per questi motivi, Sara ha allora deciso di cedere e dichiarare il falso: per il bene della bambina, per non lasciarla in una sorta di limbo identitario.
Ma oggi la donna si recherà alla stazione dei Carabinieri e si autodenuncerà per queste dichiarazioni non veritiere. Vuole che si faccia chiarezza se lei o qualcun altro si è macchiato di una responsabilità penale prevista non da una ma da ben quattro disposizioni del Codice penale italiano.
Poi, alle ore 16.30 presso il Circolo Chez Moi di Piacenza in Via Taverna, 14, presenterà in conferenza stampa l’azione di autodenuncia. All’incontro, che gode del sostegno di Famiglie Arcobaleno, Non una di meno Piacenza, Arcigay Piacenza, Agedo Milano e Agedo nazionale, Ass. radicale Certi diritti, Arci Piacenza, sarà presente anche Alexander Schuster, legale di Sara.
Contattato da Gaynews, l’avvocato trentino ha dichiarato: «In Italia le mamme lesbiche vivono non solo una situazione di terribile incertezza quanto il fatto stesso di essere madri: Lo sono? Lo saranno? Lo diventeranno mai? Dall’adozione in casi particolari al riconoscimento alla nascita ora negato ora concesso: tutto avviene in un vero e proprio limbo giuridico.
Ma non solo. Esse vivono nell’incertezza e sono costrette a compiere reati, quando dichiarano il falso per tutelare i loro figli e per evitare che questi restino nel limbo oscuro dello stato civile.
L’inizativa di Piacenza è un tentativo di denunciare dall’interno il sistema, le sue contraddizioni e le assurdità».