«Poi in quale età s’esprime questa inquietudine del figlio? È importante. Una cosa è quando si manifesta da bambino. C’è tanto da fare con la psichiatria, per vedere come sono le cose. Una cosa è quando si manifesta dopo i 20 anni o cose del genere».
Queste parole, pronunciate da Papa Francesco durante il volo aereo da Dublino, sono bastate per far esplodere un’ampia polemica in seno alla collettività Lgbti e non solo. Basti pensare a Mario Adinolfi che ha subito esultato su Facebok, trovando nelle dichiarazioni bergogliane una riprova delle sue tesi.
Si è infatti evinto che Francesco volesse sostenere la patologizzazione dell’omosessualità e difendere le terapie riparative, avendo di fatto invocato l’ausilio della psichiatria.
Parole indubbiamente infelici, quelle di Bergoglio, ma per una cui corretta valutazione è necessario tenere conto di due elementi di fondo.
In primo luogo, che esse sono state pronunciate a braccio da un uomo 81enne con una padronanza non felice della lingua italiana e una conoscenza non esaustiva di certe tematiche.
In secondo luogo, che bisogna leggerle nel loro intero contesto. Esse fanno infatti parte di un’ampia risposta data dal Papa a un giornalista, che gli aveva chiesto: «Cosa direbbe a un papà cattolico, il cui figlio gli dicesse di essere omosessuale e di voler andare a convivere col proprio compagno?».
Ed ccco la risposta integrale: «Sempre ci sono stati gli omosessuali e le persone con tendenze omosessuali. Sempre. Dicono i sociologi – e non so se è vero – che nei tempi di cambiamento d’epoca crescono questi fenomeni sociali, etici. Uno di loro sarebbe questo. Questa è l’opinione di alcuni sociologi.
La tua domanda è chiara: Cosa direi a un papà che vede suo figlio o sua figlia che ha quella tendenza? Direi: primo, di pregare. Preghi. Non condannare. Dialogare, capire e fare spazio al figlio e alla figlia. Fare spazio perché si esprima.
Poi in quale età s’esprime questa inquietudine del figlio? È importante. Una cosa è quando si manifesta da bambino. C’è tanto da fare con la psichiatria, per vedere come sono le cose. Una cosa è quando si manifesta dopo i 20 anni o cose del genere.
Ma io mai dirò che il silenzio è un rimedio. Ignorare un figlio o una figlia con tendenza omosessuale è mancanza di paternità o maternità. Tu sei mio figlio. Tu sei mia figlia, come sei. Io sono tua padre e tua madre: Parliamo.
Se voi, padre o madre, non ve la cavate chiedete aiuto. Ma sempre nel dialogo, sempre nel dialogo. Perché quel figlio e quella figlia hanno diritto a una famiglia. Non cacciarlo via dalla famiglia. Questa è una sfida seria ma che fa la paternità e della maternità».
Dall’intera risposta si evince che il Papa non stesse affato pensando all’omosessualità come condizione patologizzante. Altrimenti avrebbe dovuto fare riferimento a ogni fase della vita di una persona gay o lesbica e non porre un distinguo tra minore e maggiore età. È un dato di fatto che le terapie riparative poggiano su un tale assunto e vengono di fatto purtroppo applicate tanto su minori (circa i quali sono divenute fortunatamente reato in non pochi Stati) quanto su maggiorenni.
Dicendo inoltre subito dopo che un padre e una madre devono accettare un figlio o una figlia omosessuale per come sono, ha di fatto sostenuto che l’omosessualità è una condizione esistenziale e non modificabile, sulla quale non c’è da esprimere alcun giudizio. Un modus essendi al pari di quello eterosessuale.
Tutto il contesto fa dunque presupporre che Bergoglio abbia confuso psichiatria con psicologia, intesa quale supporto di cui possano servirsi genitori di minori omosessuali incapaci di saper affrontare una tale realtà. Non è un caso che quasi alla fine abbia detto: Se voi, padre o madre, non ve la cavate chiedete aiuto.
D’altra parte, prima che Gaynews desse la trascrizione integrale della registrazione audio, gli stessi quotidiani e agenzie di stampa avevano sostituito psichiatria con psicologia, mentre la parola psichiatria veniva già espunta il 26 agosto dalla versione ufficiale dell’intervista sul sito della Santa Sede.
Per saperne di più abbiamo contattato il prof. Paolo Valerio, ordinario di Psicologia clinica presso l’Università Federico II di Napoli, direttore del Centro di Ateneo SInAPSi , presidente dell’Onig e della Fondazione Genere Identità Cultura, che ha dichiarato: «Da una lettura attenta e integrale dell’intervista non traspare condanna nei confronti delle persone gay e lesbiche ma apertura e comprensione.
Alcuni ragazzi gay o ragazze lesbiche, soprattutto quelli e quelle che vivono in contesti omofobico, possono sentirsi turbati o a disagio confrontandosi con il loro orientamento omosessuale. In tali casi può essere utile l’intervento di un esperto (psicologo, psichiatra o psicoterapeuta purché, ovviamente, ben formato nell’affrontare tali questioni) che li rassereni e li aiuti a vivere serenamente i loro sentimenti.
Altrettanto è vero per i loro genitori che la società non ha preparato ad affrontare in modo sereno tale problematica. Mi è spesso capitato di incontrare genitori angosciati rispetto al coming out del figlio o della figlia, che si chiedevano di chi fosse la colpa. In molti casi è stato sufficiente un colloquio di chiarificazione che li ha aiutati a superare stereotipi e pregiudizi.
L’invito, dunque, del Papa a dialogare e a rompere il muro del silenzio mi sembra un messaggio efficace per i genitori e le famiglie perché non allontanino più i propri figli di casa a cuor leggero né nutrano verso gli stessi sentimenti di disapprovazione e di condanna.
Ben venga che l’università, il mondo della scuola, le facoltà di teologia si impegnino a promuovere una cultura della differenza. Ricordo, a tal proposito, che presso l’università di Napoli Federico II c’è un servizio ad hoc attivato».