Amnesty International ha esortato la autorità del sultanato di Terengannu (uno dei 13 Stati federali della Malaysia) ad annullare due sentenze di condanna per una coppia lesbica cui, all’inizio del mese d’agosto, è stata irrogata da un tribunale della Shari’a la pena della pubblica fustigazione. L’organizzazione ha definito una tale misura crudele e ingiusta.
Accusate d’aver tentato d’avere rapporti sessuali, due donne d’etnia malese – le cui generalità sono ignote –, di età compresa tra 22 e 32 anni, sono state condannate a sei colpi di bastone e a una sanzione pecuniaria.
La fustigazione sarebbe dovuta avvenire ieri, 28 agosto, ma è stata posticipata al 3 settembre per motivi tecnici.
«Siamo lieti – ha dichiarato Gwen Lee, direttore di Amnesty Malaysia – che la crudele e ingiusta punizione, irrogata a queste due donne, non abbia avuto luogo come previsto. Tuttavia, una dilazione non è ovviamente sufficiente. Per entrambe è ora necessario che siano annullate le rispettive sentenze in maniera immediata e incondizionata sì da porre fine a quest’ingiustizia una volta per tutte».
Amnesty ha anche lanciato un appello alle autorità malesi perché «si ponga definitivamente fine alla pratica della fustigazione e siano abrogate quelle leggi che impongono tali torture punitive».
In Malaysia quasi i due terzi della popolazione (che si compone di 31 milioni di abitanti) sono musulmani. Su di essi hanno competenza tribunali islamici in materia di famiglia, matrimonio e sessualità.
Nell’intero Paese si registra un clima crescente di discriminazione e odio verso le persone Lgbti. Poche settimane fa autorità locali hanno fatto rimuovere i ritratti di due attivisti Lgbti da un pubblico evento.
Il ministro per gli Affari religiosi Mujahid Yusof Rawa ha inoltre dichiarato che il governo non sostiene né sosterrà in alcun modo la promozione della cultura Lgbti nel Paese. Nel mese d’agosto, infine, una donna transgender è stata fortemente picchiata da un gruppo di persone in uno Stato meridionale della Malaysia.