Liberi e libere. È questo il cuore del corso, presentato stamani in conferenza stampa a Roma, presso il Circolo di Cultura omosessale Mario Mieli, su orientamento sessuale e identità di genere rivolto a operatori sanitari, psicologi, assistenti sociali e mediatori culturali.
Dodici moduli formativi per lavorare non solo sui contenuti ma anche sugli atteggiamenti corretti da adottare con le persone Lgbti al fine di prevenire ogni forma di discriminazione. Capofila del progetto Liber@di Essere, finanziato dall’Unar con il bando Apad 2016, è il Cirses (Centro di iniziativa e di ricerca sul sistema educativo e scientifico).
Partner, invece, dell’iniziativa il Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli, Agedo, Libellula, Famiglie Arcobaleno, Metafora, Nuova associazione europea per le Arti terapie in una con la collaborazione gratuita di altri soggetti quali Istituto nazionale per le Malattie infettive Lazzaro Spallanzani, Asl Roma 1, Ordine degli Assistenti sociali – Consiglio regionale del Lazio, Associazione Dgp Di’ Gay Project.
A seguito della conferenza stampa abbiamo raggiunto Massimo Farinella, responsabile dei Progetti del Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli.
Quali sono gli obiettivi generali di questo progetto e come è strutturato?
Tutti noi partner del progetto LIBER@DI ESSERE siamo fortemente convinti che possiamo arginare efficacemente le discriminazioni e i pregiudizi attraverso la conoscenza. Che possiamo produrre veri cambiamenti culturali attraverso l’educazione e la formazione. Per tali motivi, con il nostro progetto realizzeremo dei percorsi di formazione rivolti a tutti quei professionisti che lavorano in diversi contesti (in diverse città italiane), dove risulta fondamentale la relazione con l’utente: psicologi, psicoterapeuti, medici, infermieri, assistenti sociali e tante altre figure, che svolgono funzioni chiave in importanti servizi rivolti a tutta la cittadinanza.
Il progetto prevede misure/attività di informazione e formazione per operatori psico-socio-sanitari: quali sono nello specifico i loro fabbisogni?
Prima dell’estate abbiamo condotto un’indagine, prevalentemente tra psicologi e assistenti sociali. Le risposte hanno evidenziato la necessità di una adeguata formazione a partire dagli elementi di base legati ai temi Lgbt+, come ad esempio il significato di alcuni termini che definiscono l’identità di genere, l’identità sessuale, l’orientamento sessuale, soprattutto quando tali temi riguardano le persone transgender.
La maggioranza dei rispondenti dichiara di non essere soddisfatto della formazione ricevuta sui temi Lgbt+ (sia nel corso di studi universitari sia durante percorsi di specializzazione). Emerge, ad esempio, per gli Assistenti sociali, il desiderio di accrescere le proprie competenze sulle unioni civili, la genitorialità Lgbt+ e il coming out.
Avere figure professionali formate su tali argomenti porta ad avere una società più inclusiva. Ad esempio, alla Rainbowline (800110611) riceviamo spesso telefonate in cui si chiede di avere il contatto di un medico Lgbt-friendly, perché in passato si sono avute esperienze negative (alcuni si sono sentiti giudicati e colpevolizzati per il proprio orientamento sessuale). In un’indagine Emis di qualche anno fa, condotta su maschi gay in Italia (nell’ambito della prevenzione Hiv) è risultato che il 58.3% di coloro che aveva fatto almeno un test si dichiarava insoddisfatto del counselling e il 43.1% dichiarava di non aver potuto parlare di sesso tra maschi.
In particolare, quale saranno le azioni progettuali che le associazioni Lgbti partner realizzeranno?
Si prevedono una serie di moduli formativi che si svolgeranno a Roma e in altre città. Ogni associazione apporterà il proprio specifico e il proprio contributo. Nella prima fase preparatoria di progetto, attraverso riunioni periodiche e scambi, è stato già prodotto un piccolo manuale, che sarà disponibile anche sul sito. Durante i corsi di formazione tratteremo di orientamento sessuale e identità di genere, famiglie omoparentali e genitorialità Lgbt+, coming out, aspetti socio-culturali, differenze di vita, stereotipi e omotransfobia, unioni civili, stigma verso persone con Hiv e fattori di discriminazione multipla, identità transgender in età evolutiva e adulta e tutti gli altri temi dell’universo Lgbt+.
Vorrei poi evidenziare l’aspetto del lavoro collettivo fatto dalle diverse associazioni. Sicuramente un lavoro più faticoso (abbiamo percorsi e approcci differenti) ma di maggiore qualità, perché più completo e, decisamente, bello ed entusiasmante.
Cosa significa realizzare questi progetti in risposta ai fabbisogni della comunità Lgbti in un Paese ancora caratterizzato da molti episodi omofoboci , transfobici e con un alto tasso di bullismo nel sistema scolastico e sul lavoro?
A questo desiderio diffuso di “ritorno al passato”, e quindi di rimessa in discussione di alcune importanti conquiste sul piano dei diritti civili, occorre rispondere innanzitutto con la cultura. Progetti come il nostro, nel quale sono previste attività formative e di scambio con diverse figure professionali, possono contribuire realmente a sviluppare una maggiore consapevolezza (che nel nostro Paese stenta ad affermarsi) necessaria a sconfiggere i pregiudizi verso le persone Lgbt+. È utile agire tutt* insieme, individualmente e collettivamente, soprattutto nel quotidiano per sensibilizzare e informare contro ogni forma di pregiudizio.
Il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli è sempre stato storicamente in prima fila nella lotta contro le diverse forme di discriminazione verso le persone Lgbti. Secondo te quali sono le priorità in questo momento storico caratterizzato da un razzismo ed una xenofobia elevata?
Fino a due anni fa si dibatteva all’interno del movimento Lgbt+ a proposito dell’utilità di una legge sulle unioni civili che non appariva compiuta, pur riconoscendone l’indubbio valore. In realtà, con maggiore freddezza e lungimiranza politica, era forse chiaro che si stavano consolidando, come forze maggioritarie nel Paese, percorsi politici che non solo non si sarebbero proposti di allargare i diritti delle persone Lgbt+, ma addirittura avrebbero messo in discussione i fondamenti dello stato di diritto.
La priorità, a mio parere, è insistere nel manifestare la propria idea di società aperta, attraverso azioni concrete e un forte dialogo con altre minoranze e associazioni, in modo da opporre un comune e solido progetto culturale e politico, capace di fronteggiare questa pericolosissima deriva illiberale, presente in alcuni Paesi europei e che sembra affermarsi anche in Italia.