Con le sue oltre 50.000 presenze il Palermo Pride è stata una delle marce dell’orgoglio Lgbti più rappresentative nel 2018. Non solo perché ha chiuso la lunga stagione dell’Onda Pride (che quest’anno ha coperto quasi quattro mesi) ma anche in ragione della centralità data al tema delle migrazioni in nome di quella trasversalità d’impegni, che sembra sempre più caratterizzare molte associazioni Lgbti italiane.
Tema, questo, messo fra l’altro già in ampio rilievo dagli altri due Pride siciliani. Quelli, cioè, di Siracusa e Catania, dove grazie anche alla tenacia di Giovanni Caloggero attivisti e attiviste sono state poi in prima linea durante la drammatica vicenda della Diciotti.
Oltre alle emozioni delle singole persone partecipanti e alle dichiarazioni di rappresentanti del mondo politico il Palermo Pride è stato al centro di uno straordinario reportage fotografico realizzato da Marco Bennici.
Classe 1976, Bennici è un architetto o meglio un progettista, che da cinque anni svolge anche l’attività di fotografo. Come ha dichiarato lui stesso ai nostri microfoni, «la macchina fotografica è uno dei miei strumenti di lavoro, di comunicazione, di esplorazione. La mia fonte energetica è la curiosità, il fascino che ha la natura umana, in tutte le sue sfaccettature».
Nel presentare i suoi 100 scatti fotografici Marco ha risposto ad alcune nostre domande.
Da cosa è nato il tuo interesse nel realizzare un reportage fotografico sul Palermo Pride?
Al contrario di quello che si legge da fuori, il Pride, è un contenitore di argomenti ed unisce insieme una grande eterogeneità di figure, ognuna desiderosa di comunicare un suo valore, animali compresi. Per un fotografo è assolutamente intrigante provare a “congelare” in un instante ognuno di questi messaggi e darne la sua personale interpretazione.
Qual è stato il momento per te più significativo?
Non c’è stato un momento che ho privilegiato ma ho trovato affascinante lo scandire del tempo durante la parata, la sua evoluzione, il passaggio dal giorno alla notte, dalla preparazione all’arrivo alle porte del Teatro Massimo. In ultimo, questo grande flusso si è disperso per le vie della città, come le radici di un albero.
Quale lo scatto che meglio sintetizza il Palermo Pride?
Il mio preferito è quello dove si vede, dietro all’enorme bandiera rainbow dove spiccano tante gambe, la figura intera di un giovane uomo, in maniera simbolica…
Come giudichi il fatto che madrina del Pride sia stata, insieme con Porpora Marcasciano, una maestra della fotografia come Letizia Battaglia?
Letizia è un riferimento, nessuno ha mai raccontato Palermo come lei. Ottima scelta!
La presenza di ong ricorda che ci sono minoranze, come i migranti, che sono conculcate nei diritti più basilari. Secondo te la fotografia può lanciare al riguardo un messaggio più incisivo delle parole?
La fotografia, nella sua comunicazione, è anche cronaca, nel bene o nel male. Un documento visivo oggi è spesso molto più veicolante della parola.
Anche il Palermo Pride è stato accompagnato dalle solite polemiche perbenistiche su “nudità e decoro”. Che cosa ne pensi?
Questo tipo di polemiche, fortemente stereotipate, sono usualmente legate ad una mancanza di cultura ed informazione. In ogni caso vince sempre l’Amore!
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