In India, dopo la depenalizzazione dei rapporti omosessuali, anche l’adulterio non è più reato. A deciderlo oggi all’unanimità la Corte suprema che, presieduta da Dipak Misra, ha definito incostituzionale la Sezione 497 del Codice penale indiano.
Risalente al 1861, la norma perseguiva fino a cinque anni di carcere l’uomo che avesse avuto rapporti sessuali con una donna sposata all’insaputa o senza il consenso del di lei consorte.
Considerata come fortemente discriminatoria per le donne, la legge d’epoca vittoriana non consentiva infatti alle moglie tradita di sporgere denuncia contro il consorte.
Pur ribadendo che l’adulterio resta motivo di divorzio, la Corte Suprema ha sentenziato che nessun marito è «padrone della propria moglie» e che la norma ha discriminato per anni le donne per anni in aperta violazione dell’articolo 21 della Costituzione.
«Trattare le donne con indignazione o discriminazione – così i giudici della Corte Suprema – favorisce un’aperta violazione della Carta costituzionale».
Il verdetto è stato salutato con entusiasmo da attivisti e componenti del centro-sinistra del Parlamento indiano. «Decisione eccellente – così in tweet Sushmita Dev, parlamentare e presidente di Mahila Congress -. Una legge che non dà alle donne il diritto di citare in giudizio i mariti adulteri sancisce una disparità di trattamento e conculca il suo status di persona».