In Romania è fallito il referendum costituzionale volto a redifinire il concetto di matrimonio e famiglia. Non si è affato raggiunto il quoum minimo del 30% delle affluenze, che si sono invece attestate al 20,4% dei 18.900.000 degli aventi diritto al voto e che si sono per l’arco di due giorni.
Ha parlato di brogli elettorali la Coalizione per la famiglia, l’insieme di associazioni che, sponsarizzata dalla Chiesa Ortodossa di Romania, ha lanciato mesi fa l’iniziativa referendaria raccogliendo circa tre milioni di firme. Sua Beatitudine Daniele, patriarca di tutta la Romania e arcivescovo di Bucarest, aveva esortato i fedeli, durante il sermone domenicale ad andare a votare «così che non sia troppo tardi».
La legislazione romena non consente le unioni tra persone dello stesso sesso ma secondo Coalizione per la famiglia un esplicito divieto in Costituzione renderebbe difficile se non impossibile modificare o introdurre una norma in tal senso.
Il fallimento del referendum è stato salutato con entusiasmo da MozaiQ, l’associazione promotrice del boicottaggio referendario, dal gruppo per i diritti Lgbt Accept e dal capo del socialdemocratici del Parlamento europeo Udo Bullmann, per il quale i risultati mostrano con chiarezza che i «romeni non si sono fatti raggirare da un’agenda politica orchestrata per seminare odio e discordia» e «la maggior parte dei noi crede che un diritto umano non deve essere oggetto di un referendum».