Paolo Valerio è noto a livello internazionale per le sue benemerenze in ambito accademico e scientifico.
Ordinario di Psicologia clinica presso l’Università Federico II di Napoli, direttore del Centro di Ateneo SInAPSi, presidente dell’Onig e della Fondazione Genere Identità Cultura, è anche un artista dalle mille anime.
Alcune sue produzioni scultoree sono esposte dal 6 ottobre presso Palazzo Fruscione a Salerno in occasione della III° Biennale d’Arte contemporanea, che sarà aperta fino al 19 novembre. E proprio nell’ambito della prestigiosa rassegna salernitana a Paolo Valerio è stato attribuito, sabato 13 ottobre, il 2° premio per la Sezione Arte ecosostenibile con l’opera Il sostenibile peso dei sentimenti.
A pochi giorni dall’importante Congresso internazionale La popolazione transgender e gender nonconforming: i differenti contesti dell’intervento, che lo vedrà come promotore e protagonista il 19-20 ottobre presso l’Aula Chiostro dell’ex complesso monastico partenopeo dei SS. Marcellino e Festo, l’abbiamo raggiunto per conoscere quest’aspetto meno noto della sua vita.
Prof. Valerio, come nascono le sue opere artistiche?
Allo stesso modo in cui è nato Il sostenibile peso dei sentimenti che, premiato alla Biennale d’Arte contemporanea di Salerno, era stato già presentato, lo scorso luglio, alla mostra Stone Heart Broken Heart Love Cages and Surroundings presso il castello di Postignano (Pg). Come gran parte delle mie opere, essa è frutto della raccolta di materiale di risulta, trovato sulla spiaggia: funi, cime, reti dai colori vivaci, plastiche bruciate, levigate dal mare e trasformate dal sole. Materiale destinato a inquinare il mare e le spiagge o a finire in discariche della Terra dei fuochi. Il materiale è stato da me raccolto e assemblato per dare forma a una scultura dai colori vivaci e dalla forma strana.
C’è un collegamento tra la sua ricerca artistica e quella scientifica?
Certo. C’è un filo rosso tra la mia ricerca artistica, il mio impegno da attivista e la ricerca scientifica, che da molti anni svolgo in un’ottica depatologizzante sul mondo dei femminielli napoletani e delle persone Lgbtq. Ricerca, finalizzata ad abbattere sia stereotipi sia pregiudizi e a combattere quegli stigmi che tanta sofferenza possono produrre in chi ne è ingiustamente vittima.
Quelle plastiche, che sono considerate scarti della nostra società, vengono valorizzate e trovano nuova dignità grazie all’intervento dell’artista che sulle spiagge inquinate, attraverso lo sguardo valorizzante, ne percepisce l’intima bellezza, le raccoglie, le trasforma in opere d’arte degne di essere mostrate al pubblico ed eventualmente premiate.
Un richiamo, forse, a quella cultura della differenza, di cui si è fatto negli anni instancabile promotore e per la quale si è fatto conoscere ben al di là dell’ambito universitario?
Sì, infatti. Come ricercatore, da anni cerco di valorizzare proprio una cultura della differenza che rompa barriere, includa, offra pari opportunità a tutti e tutte, in particolare a quelle parti di popolazione che esponenti di forze politiche reazionarie o di movimenti religiosi fondamentalisti considerano scarto, considerano malata. Quelle parti che vorrebbero lasciare ai margini della società, non riconoscendo loro alcuna dignità e nessun diritto di vivere liberamente la propria esistenza.
Tutto questo è ingiusto, iniquo, inaccettabile e va combattuto. La mia prima mostra fatta a Napoli, presso la Sala Prigioni di Castel dell’Ovo, si intitolava Gender Roles Gender Cages and Surroundings. Con le mie opere volevo ancora una volta porre l’accento su quelle gabbie/stereotipi che connotano e ruoli e identità connesse ai generi.
Professore, come già detto, lei è stata premiata sabato per l’opera Il sostenibile peso dei sentimenti. Ha pensato a chi dedicare un tale riconoscimento?
Non c’è dubbio che, alla luce di quanto finora detto, dedico un tale premio alle persone transgender e gender nonconforming, auspicando che la società in cui viviamo diventi sempre più inclusiva e consenta a tutt* di esprimere serenamente la propria identità senza alcun timore o rischio di stigma e condanna.
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