Giuseppe Sala dovrà registrare sul certificato di nascita della piccola Anna, nata in California il 2 agosto 2014 grazie alla gpa, anche il nome del papà non biologico.
A deciderlo il Tribunale Civile di Milano che ha oggi accolto il ricorso presentato, in maggio, da Gianni Tofanelli e Andrea Simone contro il Comune, i cui Ufficiali di Stato civile avevano sospeso la richiesta di trascrizione e correzione dell’atto di nascita statunitense della loro figlia con esplicita menzione della doppia paternità.
La sentenza, dunque, riconosce e tutela il supremo interesse della bambina ad avere il legame di filiazione con entrambi i papà.
A sostenerne le parti legalmente gli avvocati Manuel Girola, Giacomo Cardaci e Luca Di Gaetano di Rete Lenford. I due papà hanno espresso la loro soddisfazione a Gaynews, che proprio dal nostro giornale avevano mosso un duro j’accuse al doppiopesismo di Sala e un appello a riconoscerli entrambi come papà di Anna.
E, a distanza d’un giorno, è stato pubblicato sulla pagina Fb di Rete Lenford un comunicato, in cui fra l’altro si dice: «Il Tribunale, all’esito di una puntuale ricostruzione del concetto di ordine pubblico nell’evoluzione della giurisprudenza italiana e transnazionale, ha aderito al principio espresso dalla Corte di Cassazione nella importante sentenza n. 19599/2016 e ha confermato che non è contraria all’ordine pubblico la trascrizione dell’atto di nascita con due padri. Il provvedimento si colloca sulla scia di quanto già sancito dai Tribunali di Livorno, Pisa, Roma e ne ribadisce le motivazioni.
Per Miryam Camilleri, presidente di Rete Lenford, «la decisione dei giudici di Milano è ricca di spunti interessanti e ribadisce come la rettificazione dell’atto di nascita corrisponda al best interest del bambino rispetto alle conseguenze giuridiche ad essa connesse.
Tra queste conseguenze, il Collegio cita i ‘diritti alla bigenitorialità, alla certezza giuridica, all’unicità della propria condizione giuridica e sociale e dunque all’identità personale, nonché alla stabilità dei legami acquisiti fin dalla nascita nel contesto familiare’. Il decreto di Milano, infatti, ribadisce un sentire diffuso nella nostra società: non conta come si diventa genitori ma quanto affetto e cura si riesce a dare ai bambini».