Quarta udienza stamani, presso la sesta sezione penale del tribunale di Torino, del processo a carico dell’endoscopista Silvana De Mari, accusata di diffamazione continuata e aggravata a mezzo stampa contro le persone Lgbti.
Secondo quanto annunciato il 18 luglio, la giudice Melania Eugenia Cafiero aveva ammesso, il 21 settembre, la richiesta di costituzione di parte civile da parte del Coordinamento Torino Pride, che aveva presentato l’esposto contro la collaboratrice de La Verità nel 2017, e di Rete Lenford, rispettivamente rappresentati dagli avvocati Niccolò Ferraris e Michele Potè.
«Non si può ingiuriare dicendo la verità». Queste le parole con cui ha esordito oggi Silvana De Mari, per poi continuare: «La mia gravissima preoccupazione riguarda soprattutto la situazione sanitaria: i casi di Aids, gonorrea, sifilide sono in aumento. Se gli uomini continueranno ad avere rapporti con altri uomini assisteremo a una catastrofe mondiale».
La collaboratrice de La Verità, che ha prodotto quattro memorie di diverse centinaia di pagine, ha quindi parlato del sesso anale tra persone omosessuali maschili, «che moltiplica per nove il rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili, soprattutto per chi lo pratica in modo passivo». Né sono mancati i riferimenti all’omosessualità quale «situazione da cui si può comunque uscire, è possibile guarire».
L’imputata è quindi tornata ad associare pedofilia a omosessualità, dichiarando: «La pedofilia è un orientamento sessuale caratterizzato dall’attrazione erotica verso i minori. Penso che alcune persone del movimento Lgbt stiano diffondendo la pedofilia. L’ultimo libro di Mario Mieli, a cui è dedicato un circolo, dice: Noi faremo l’amore con loro e, a mio parere, si tratta di apologia all’abuso su minore. Senza dimenticare che personaggi di spicco del mondo gay hanno rilasciato dichiarazioni ambigue sulla libertà sessuale del bambino».
Nel corso dell’udienza è stato anche ascoltato il teste dell’accusa Alessandro Battaglia, coordinatore uscente del Torino Pride, che ha dichiarato a Gaynews: «Ciò che abbiamo ascoltato stamane non è molto diverso da ciò che abbiamo già letto e denunciato. Quello di cui ci si dimentica è che le parole molto spesso sono pietre e le pietre fanno male a tutta la comunità Lgbtqi.
Siamo chiaramente pronti a qualsiasi conclusione della vicenda ma crediamo che, oltre agli insulti e alle ingiurie che ci sono state rivolte e che continuiamo a contestare con forza, il nostro pensiero debba andare ai ragazzi e alle ragazze più giovani e con meno strumenti di difesa di quelli che abbiamo noi e che vivono condizioni difficili di accettazione. Chiaro è che loro e i loro genitori sentendo affermazioni così umilianti non potranno essere aiutati nel superare le difficoltà connesse all’accettazione.
Stupisce infine che, secondo Silvana De Mari, la pedofilia sia un orientamento sessuale ed, essendo presenti in tutti gli statuti delle associazioni italiane Lgbti la difesa e la tutela contro le discriminazioni per orientamento sessuale, les stese non facciano altro che diffondere il messaggio che la pedofilia – e di conseguenza l’abuso su minori – siano pratiche lecite che tutti e tutte noi tuteliamo».
La giudice monacratica ha fissato la prossima udienza al 13 dicembre, data in cui, verosimilmente, si concluderà il dibattimento con la sentenza.