Classe 1955, il torinese Alberto Lanteri è considerato uno dei più rappresentativi esponenti del panorama artistico contemporaneo italiano. Stimato e apprezzato da collezionisti importanti, comprese le case reali di Belgio, Regno Unito, Olanda, Spagna, è stato ampiamente lodato da Vittorio Sgarbi.
Analizzandone le qualità e doti pittoriche, il critico d’arte ha riconosciuto a Lanteri la capacità di una continua crescita e adattamento ai nuovi stilemi artistici, filtrati e personalmente rielaborati, sì da collocarlo nella cerchia dei Neorealisti.
La scorsa settimana l’artista ha realizzato una tela che, intitolata The Persecution, è un chiaro messaggio contro l’omofobia alla luce delle recenti campagne d’arresti annunciate dal governatore di Dar es Salaam Paul Makonda.
Per saperne di più, l’abbiamo raggiunto nel suo atelier torinese.
Maestro Lanteri, com’è nata The Persecution?
Sinceramente mi sono interessato di quanto sta avvenendo in Tanzania sin da quando i media ne hanno dato notizia. Ma poi, sollecitato da Luca Spagnoli, mio collaboratore, ho deciso di realizzare quest’opera. Luca mi ha detto: Perché non realizzi un quadro ispirato alla persecuzione delle persone omosessuali in Tanzania? Immediatamente ho pensato che era una buona idea. Mi è venuta in mente questa cartina geografica da cui emerge un volto urlante.
Quale il messaggio che vuole trasmettere?
Credo giusto che ogni persona possa vivere, oggigiorno, come desidera e amare come vuole. Nessun individuo dovrebbe essere discriminato per il suo orientamento sessuale o identità di genere. Quest’opera, dunque, rappresenta da una parte l’urlo delle persone Lgbti tanzaniane. Dall’altra vuole essere un messaggio d’uguaglianza.
È la prima opera in cui affronta direttamente il tema dell’omofobia o ce ne sono altre?
Non è la prima volta che realizzo un’opera dedicata all’universo Lgbti. Forse è la prima a essere così espressamente rappresentativa. Personalmente sono stato sempre vicino alle istanza della collettività arcobaleno. Ricordo che, quando ero più giovane, militavo nel Partito Radicale. All’epoca – avrò avuto 24 o 25 anni – ci si riuniva per parlare e affrontare tali tematiche.
Il principio dell’ars gratia artis è irrinunciabile. Ma può l’arte, secondo lei, assolvere anche a un compito formativo soprattutto in tempi di odio e ignoranza come quelli attuali?
L’arte può, a mio parere, svegliare le menti. Purtroppo c’è molta ignoranza e bigottismo nelle persone. Sotto un certo punto di vista le trovo più aperte rispetto al passato. Sotto altri aspetti no. Credo che, in generale, il vero pericolo sia costituito dalle religioni: sono esse a frenare le persone e a riempirle di paura. Se più artisti si mettessero insieme per lottare l’omofobia e la paura inculcata dalla religioni, sarebbe non solo molto bello ma anche molto efficace per l’avanzamento della società.