«Apprendiamo dalla stampa di recenti episodi di aggressioni e minacce di stampo omofobico accadute a Perugia. Ragazzi e ragazze minacciate e intimidite per strada per il solo fatto di essere identificati dall’abbigliamento o dal portamento come persone gay, lesbiche, bisessuali, trans o intersex».
Queste le parole di Stefano Bucaioni a commento di alcuni casi di violenza o intimidazione che, a danno di persone Lgbti, hanno caratterizzato i primi giorni dell’anno appena iniziato. Casi che, per il presidente di Omphalos Lgbti, non sono affatto «isolati» ma «numerosi e preoccupanti» nonché, negli ultimi anni» in deciso aumento nella nostra città».
Tra questi spicca indubbiamente l’inseguimento con insulti e parole minatorie da parte di un branco, di cui è stato vittima, intorno alle 5:00 di Capodanno, Lorenzo Benedetti, direttore artistico del BeQueer, mentre tornava alla sua «macchina, in una via del centro di Perugia. Io ombretto, rossetto, giacchetto appariscente e lo sguardo risoluto di chi ci è già passato. Ma anche telefono scarico, solitudine e terrore. Mi ha fatto paura sapere che un mio amico giorni prima è stato aggredito con una bottiglia rotta. Una paura incredibile. Di finire come tante storie che conosco, di non riuscire a combattere».
Così l’attivista 27enne ha raccontato su Facebook quei momenti drammatici, scanditi dalla discussione con gli assalitori: «Frocio, vieni qua che ti rimetto a posto io. Adesso arriviamo. – Dai falla finita. – No, stavolta no».
A quel punto tanti i pensieri che si sono accavallati nella mente di Lorenzo, che ha quindi aggiunto: «Le persone che incontro non sono interessate al mio panico malcelato e agli insulti sbiascicati che attraversano la via. E io, con quello che so, di chi dovrei fidarmi oltre me?
Meglio non incrociare il loro sguardo. Gira a destra che è più illuminato. Fai finta di non sentire. Hanno smesso di seguirti. Lì ci sono altre voci. Potrebbero essere di nuovo loro. Arriva alla macchina e chiudi le sicure.
Non so quanto tempo prima avessero smesso di seguirmi, né credo importi. Importa la sensazione che rimane incollata addosso.
E nonostante la consapevolezza, lo studio, la decostruzione, l’attivismo, le lotte, ora una voce in un angolo della testa mi assilla, mi tormenta se sto davanti all’armadio e scelgo una cosa eccentrica come piace a me, mi sussurra sadicamente le cose che potrei rischiare se tengo un ombretto in mano davanti allo specchio. Mi morde il fegato se sto fuori casa e devo decidere di parcheggiare in un luogo isolato.
Mi sono preso due giorni per metabolizzare, senza parlarne, trascinandomi dal letto al divano passando dal frigo per dirottare le ansie sul cibo. Sembrava utile, ma non lo so. Magari è solo una cosa da film.
Ma poi è sempre reale. E ora posso solo dire che io non voglio permetterlo. Non voglio permettere a un gruppo di merde, fomentate ancora di più dall’attuale clima politico, di potersi sentire in diritto di andare in giro per le strade a tormentare altre persone, a farle sentire in pericolo, a volerle regolarizzare, normalizzare, umiliare, picchiare, violentare.
Il mondo non è vostro, merde. E a noi che combattiamo, mi sento di voler dire a cuore aperto che la resistenza non è solo un atto di difesa, è ora di passare all’attacco contro chi ci fa questo, ogni giorno».
Ed è proprio all’attuale clima politico che si è rifatto Bucaioni, per il quale, come spiegato in un comunicato ufficiale, «l’aumento di omofobia, transfobia e discriminazioni ha però nomi e cognomi.
Quando esponenti politici o delle istituzioni si permettono di offendere ed insultare pubblicamente le persone per il loro orientamento sessuale o per la loro identità di genere, offrendo così terreno fertile a violenti e omofobi che si sentono protetti dal pessimo clima politico che si respira a livello nazionale e a livello cittadino; quando leggiamo e accettiamo passivamente dichiarazioni di consiglieri comunali, consiglieri regionali o di ministri o parlamentari che usano parole sprezzanti contro ogni tentativo di arginare discriminazioni e violenze contro le persone omosessuali e transessuali, non possiamo poi stupirci se per strada assistiamo a un aumento di aggressioni e minacce».
Come spiegato da Bucaioni «Omphalos riceve periodicamente denunce di omofobia, transfobia, discriminazioni e violenze. Ma di tutti i casi solo una piccola parte arriva sulle scrivanie dell’associazione e ancora di meno sulle pagine dei giornali. La realtà è purtroppo più preoccupante anche se si fatica a prenderne atto».