«Non so se ho mai giocato con un compagno omosessuale. Se l’ho fatto, non me ne sono accorto. Non avrei potuto: un giocatore omosessuale non è diverso da uno etero. Ma queste sono solo parole, perché se c’è bisogno di un libro che racconta dei calciatori gay e ci fa sapere che ci sono, allora siamo ancora molto distanti da un mondo sportivo sano. Peggio ancora, siamo dentro un calcio fatto di ignoranza».
Con queste considerazioni, Tomas Locatelli, ex giocatore di serie A, avvia la propria prefazione al libro Giochiamo anche noi. L’Italia del calcio gay della giornalista sportiva Francesca Muzzi. Un libro reportage, che raccoglie testimonianze e storie importanti che ci restituiscono la dimensione di un mondo in cui lo sport, invece di unire, crea ancora separazioni e distanze.
D’altronde, Francesca Muzzi spiega molto bene nella sua prefazione che «essere gay in un mondo machista non è molto diverso dall’essere donna in un mondo di soli uomini» e il mondo del giornalismo sportivo è certamente un mondo prevalentemente maschile.
Il libro è un viaggio attraverso un’Italia ancora poco conosciuta, fatta di ragazzi, che si sono organizzati e hanno deciso di coltivare la loro passione per il calcio, formando squadre Lgbt, organizzando tornei, creando reti d’inclusione e sana sportività.
Qualche esempio. La storia di Giorgio, ragazzo napoletano, che fino a 26 anni ha fatto il fantino e, ora, calca i palcoscenici italiani come attore. Storia, che ci restituisce la temperatura di un’esistenza fatta di paure affrontate e vinte, quella per i cavalli, quella legata alla balbuzie e quella relativa al suo orientamento sessuale, che ha sconfitto mettendo su una squadra di calcio gay, i Pochos Napoli, la cui presentazione alla stampa, nel 2013, fu un clamoroso coming out mediatico.
Oppure la storia di Andrea, arbitro e gay, cacciato dalla federazione dell’Aia, per aver arbitrato amichevolmente, senza permesso, una partita di squadre formate da ragazzi gay a Torre del Lago. O, ancora, la divertentissima storia del Fantacalcio Gay, ideato da un ragazzo omosessuale, che oggi conta circa sessanta giocatori sparsi in tutta Italia.
E poi, particolarmente interessante, il contributo di Antonello Sannino, ex presidente di Arcigay Napoli con delega nazionale allo Sport, che analizza le ingerenze costruttive tra associazionismo Lgbti e mondo dello sport.
Insomma, le storie narrate da Francesca Muzzi sono davvero tantissime e, nate con l’intento di riscattare il silenzio e l’esclusione, ci parlano soprattutto di rinascite, di battaglie vinte e di conquiste importanti. Di trofei. Trofei esistenziali.