Stuprata dal padre e maltrattata per anni. Punita per un’unica colpa: quella di essere lesbica. Ieri Francesca, oggi 23enne, è stata ammessa parte civile dal gup di Termini Imerese, Michele Guarnotta, nel processo a carico dei genitori orchi.
La sostituta procuratrice Annadomenica Gallucci ha chiesto il rinvio a giudizio del padre e della madre. I due sono accusati di maltrattamenti in famiglia e atti persecutori, mentre solo il padre di violenza sessuale aggravata. La decisione del gup è fissata al 9 maggio
La giovane, che vive in un paese del Palermitano, è difesa dall’avvocato Giuseppe Bruno. «Francesca – ha dichiarato il legale – ha manifestato grande coraggio nel denunciare anni di abusi. Dopo le violenze subite dal padre da quando aveva 7 anni, a 12 scopre di essere lesbica e a quel punto il padre la punisce per la sua scelta con ulteriori violenze, di cui la madre era al corrente».
L’inchiesta cominciò nel 2016 quando Francesca denunciò i genitori di gravi maltrattamenti e il padre di aver abusato sessualmente di lei prima all’età di 7 anni e poi all’età di 12, quando ne scoprì l’omosessualità. «Meglio morta che lesbica», le avrebbe all’epoca urlato la madre dopo averla rinchiusa nella sua camera uscendo.
Accanto alla 23enne si è schierato il direttivo del Palermo Pride, che in un comunicato ha dichiarato: «Apprendere dell’abominevole vicenda della giovane palermitana è stato un brusco risveglio. Riteniamo questa storia, che pare un terribile rigurgito del passato ma che invece accade oggi, un chiaro sintomo del polso del Paese, un Paese che persevera nel negare diritti e accoglienza e che permette abusi, violenze e discriminazioni, perfino tra le mura domestiche, nella totale assenza di politiche di tutela.
La storia di coraggio di “Francesca” è una storia dell’orrore con un epilogo positivo ma deve imporre una riflessione ai vertici del Governo e ai cittadini di tutta Italia: la strada per il riconoscimento della felicità di ognuno è ancora lunga ed è necessario schierarsi. Chi ritiene che gli eventi, gli incontri e i cortei del Pride non servano prenda immediatamente coscienza del tempo in cui viviamo. Chi ascolta, vede o percepisce comportamenti discriminatori denunci e chi assiste a casi di violenza si ribelli e tenda la mano a difesa di chi è in difficoltà e in pericolo.
Le porte del Palermo Pride sono e restano aperte, oggi più che mai».
Oggi anche Arcigay Palermo è intervenuto denunciando «l’ennesima storia di violenza e abusi familiari, aggravati dal coming out della figlia e da un contesto patologicamente disfunzionale in cui l’omosessualità è un affronto da “riparare” a qualsiasi costo.
Una vicenda che per fortuna si è conclusa meglio di molte altre, con la ragazza in salvo e i genitori a processo, ma che diventa emblematica oggi 8 marzo, in cui celebriamo la lotta contro la violenza di genere. Al fianco di Francesca, al fianco di chi subisce e di chi lotta».