«Salvini, Fontana, Zaia, Sboarina e Bussetti perché l’iniziativa è della Lega. Tajani e Meloni perché non si sa mai, meglio tenere un piede anche con Forza Italia e FdI. Il trio Coghe-Gandolfini-Brandi che pensa sia sensato essere i soli italiani “laici” nel panel dei relatori, perché giustamente alla greppia non vogliono che si avvicini nessuno».
Postata su Facebook l’8 marzo, questa valutazione sulla XIII° edizione del World Congress of Families (Wcf) – che si conclude con la stoccata: «Perché se dici che “votare Lega è immorale” poi te le fanno pagare pure dopo l’abiura» – è stata formulata non da un laicista o da un rosicone di sinistra ma da Mario Adinolfi.
Com’era prevedibile, le parole del direttore del quotidiano La Croce, che ha recentemente incassato il plauso di Barbara Alberti e Vladimir Luxuria per la proposta di reddito di maternità (osteggiato invece da quelli che lo stesso leader del Popolo della Famiglia definisce cattoleghisti a partire da Simone Pillon) nonché il pubblico sostegno del vescovo di Viterbo Lino Fumagalli, sono state liquidate come dettate da livore dagli scherani gandolfiniani del Family Day.
Ma la politicizzazione del World Congress of Families in senso leghista-meloniano (Tajani alla fine non vi prenderà parte), oltre a essere condivisa dall’intera area del Popolo della Famiglia (Pdf), è innegabile. È un dato di fatto che la Santa Sede, la Cei e lo stesso episcopato del Triveneto abbiano preferito assumere un atteggiamento di assoluto quanto prudenziale silenzio. Nessun attacco frontale ma meno che mai alcuna promozione o sostegno all’evento.
Ecco perché lo stesso Adinolfi, commentando il 16 marzo il dichiarato appoggio dello psichiatra Gandolfini (a nome del Family Day) a Fratelli d’Italia per le europee di maggio, ha potuto scrivere: «A parte che non ricordo bene quale proposta di legge depositata da Fratelli d’Italia in Parlamento stia “graniticamente sostenendo le istanze del Family Day” (che fu convocato per battere la legge Cirinnà, la Meloni ha forse scritto un ddl che ne propone l’abrogazione o almeno un ddl di facciata, che so, contro l’aborto?).
Ma qui sorgono solo due domande. La prima: non s’era detto che il comitato era apartitico? La seconda: quando arriva la precisazione “tranquilli, votiamo anche la Lega” (tanto Gandolfini e Pillon dieci voti li hanno, possono fare cinque e cinque)? Ma smettetela di giocare ai generali se non avete l’esercito e venite a firmare il reddito di maternità».
Considerazioni, queste, da leggere anche alla luce della diretta conoscenza del comitato del Family Day (di cui Adinolfi è stato per anni uno dei massimi rappresentanti) nonché delle ennesime affermazioni di Gandolfini, che ieri ha equilibristicamente «assicurato il pieno appoggio del Family Day ai partiti (Lega, Fdi e Fi) che fino ad oggi ci hanno sostenuto nella battaglia a favore dei principi non negoziabili».
Ragione per cui, non senza una punta d’ironia, Boback Falamaki, commentando un lungo post di Federico Marconi, fedelissimo di Adinolfi, sull’assise veronese, ha scritto due giorni fa in riferimento a Gandolfini: «Hanno chiamato Family Day l’associazione derivante Comitato Difendiamo i nostri figli. È lui il presidente».
Questo non significa che il Popolo della Famiglia dissenta sui temi di fondo del Congresso, come lo stesso leader ha ben specificato al di sotto del citato post di Marconi: «Deve essere chiaro che noi non “demonizziamo” Verona».
A essere inaccettabile e, dunque, da anatemizzare è «semplicemente la consegna del movimento pro-life alle insegne leghiste o del partito satellite di FdI», che Adinolfi considera «un gravissimo errore politico. Perché la Lega ha dimostrato di essere nella sostanza disinteressata ai nostri temi (completamente ignorati pur avendo tutte le leve del potere in mano, anzi, scegliendo di andare nella direzione opposta con triptorelina, patti prenup, eutanasia e prostituzione legalizzata) ma solo interessata ai voti cattolici, che considera conquistabili con qualche promessa priva di fatti conseguenti».
D’altra parte la rivendicazione d’una “primogenitura cattolica” in senso politico era già stata sollevata nel corso della campagna elettorale per le politiche del 4 marzo 2018, durante la quale erano volati i proverbiali stracci tra Gandolfini e Adinolfi.
A dar fuoco alle polveri lo psichiatra bresciano, che su Il Resto del Carlino e La Verità aveva invitato i cattolici a non votare il Popolo della Famiglia. La risposta non si fece attendere e Adinolfi, in un lungo post del 18 febbraio, denunciò il ricorso dei gandolfiniani ad audio e messaggi intimidatori contro la sua formazione politica.
«Il figlio della tua segretaria personale, Elia Buizza, scrive – così il direttore de La Croce – ai nostri con il tono più sprezzante immaginabile: “Io prego il Signore che il 4 marzo prendiate una batosta di quelle che tornate dal padrone Mario con la coda tra le gambe” e altre piacevolezze che per proteggere le sue personali fragilità non ti cito. Un tuo amico che conosci bene fa messaggi da tre minuti con l’inconfondibile accento bresciano da far circolare su whatsapp solo per “non far votare Popolo della Famiglia”, anche qui condendo il tutto con insulti personali al sottoscritto e chiudendo l’audiomessaggio con l’appello a votare Lega perché così “vuole Gandolfini” per far eleggere il suo “collaboratore” Simone Pillon.
Caro Massimo, la mia proposta è di metodo. Come fa Amicone, come fa Lupi, come fanno tutte le persone serie in campagna elettorale spiega perché bisogna votare Lega il 4 marzo. Va bene pure omettere che avete accettato un posto da quarto in lista in una lista capeggiata da Giulia Bongiorno, nemica esplicita del Family Day e fruitrice delll’eterologa per un figlio a cui è negato il diritto ad avere un papà. Ormai ho capito che per ragioni di livore personale non darai indicazione di voto per tre membri del Dnf che con te hanno organizzato i due Family Day oggi candidati nel Popolo della Famiglia, ma per il solo posto che sei riuscito ad ottenere, da ineleggibile, nella lista il cui leader è esplicitamente ostile al Papa e annuncia come primo provvedimento da approvare la statalizzazione della prostituzione con relativa partita Iva, secondo le indicazioni del trans turco Efe Bal. Va bene, scelta legittima».
A distanza d’un anno, come anche dimostrato dalle recenti posizioni sul World Congress of Families, il clima tra le diverse anime del variegato milieu laicale d’orientamento conservatore, anziché rasserenarsi, s’è inasprito.
E così, mentre la novitas del messaggio evangelico è completamente enervata e diluita nei soli temi vita-famiglia, tra gli stessi cattolici duri e puri non ci si fa scrupolo ad adoperare le armi del livore e della menzogna. Arti proprie, stando ai passi scritturali evocati, di quel serpente nella cui coda Piero Chiappano (autore dell’inno del Popolo della Famiglia A un passo dal cielo) vorrebbe «piantare un chiodo… per fare la storia».
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