Famiglia. Attorno a questa parola di 8 lettere si consuma da alcuni decenni lo scontro frontale tra la collettività Lgbt e la parte più conservatrice della società, della politica, delle religioni monoteiste, non dico della cultura perché se accostiamo il concetto con la destra siamo in Italia all’ossimoro. È attorno all’idea di famiglia “tradizionale” che si raduna ogni anno, in una diversa città del mondo, quell’internazionale nera ed omofoba (ma pure sovranista, suprematista, misogina e chi più ne ha più ne metta), che da oggi fino al 31 marzo sarà di scena a Verona con strombazzamento di ministri, sottosegretari ed esponenti più o meno mostruosi del bigottismo e del bacchettonismo italico.
Li conosciamo bene. Sono quelli che passano la loro vita a darci fastidio, a dipingere gli omosessuali come persone da “curare” (si consiglia vivamente la visione al cinema, in questi giorni, di Boy Erased, che ci illumina sulle “terapie di conversione” basate sulla “cristologia” per eterosessualizzare gay e lesbiche credenti), esseri “deviati” e malati che rappresentano un pericolo per la società e, soprattutto, vogliono “minare alle fondamenta” la vita sociale con la loro pretesa di essere riconosciuti come famiglia a tutti gli effetti.
Per costoro, ma anche per il Vaticano che si è detto d’accordo nella sostanza, la famiglia etero è “iscritta da sempre nel cuore degli uomini” da Dio in persona, quel Dio di cui ovviamente loro sono gli interpreti fedeli, senza tema di essere smentiti dalle scienze sociali e dalla realtà dei fatti.
Sarebbe difficile persino per i campioni mondiali del bigottismo negare l’esistenza di milioni di lesbiche e gay. Ripiegano allora sul negazionismo familiare, negando l’esistenza della vita familiare per la collettività e le persone Lgbt. È un’ operazione, anche questa, che si scontra con la realtà: sono infatti milioni le coppie Lgbt che nel mondo libero si sono sposate o unite civilmente (in Italia alla fine dell’anno si supereranno le 30mila persone, un dato assolutamente eclatante e innegabile), offrendo una testimonianza d’amore che non mira certo a distruggere le famiglie composte da un uomo e da una donna, dalle quali per lo più proveniamo tutti, e che a loro volta non si sentono affatto minacciate dalle nuove coppie e dal loro “matrimonio”. Anzi, è commovente la partecipazione dei parenti alle cerimonie delle unioni civili!
Da diversi decenni andiamo dicendo che ogni epoca ha il suo tipo di famiglia e che è totalmente falso dire che la famiglia così come la conosciamo oggi è sempre esistita e sempre esisterà come icona immutabile della volontà divina e della “natura”. Un’idea, quella della natura umana, usata come una clava contro la collettività Lgbt come se le persone omosessuali non fossero “naturali” come chiunque altro, mentre di “contronatura” ci sono solo l’omofobia, l’esclusione e l’odio verso la diversità, per non parlare della pretesa di perpetuare il dominio del maschilismo sul mondo e sulla vita familiare.
Ecco. A Verona non si parlerà certo della totale mancanza di democrazia nella vita domestica, dove le donne lavorano molto ma molto di più dei loro mariti per accudire la casa e i figli (salvo lodevoli ed encomiabili eccezioni, che però non sono la regola). Come non si parlerà delle patologie della vita della famiglia tradizionale, che ovviamente per l’internazionale bigotta non esistono: una donna viene uccisa ogni tre giorni, il 95% delle violenze sui minori è consumato in ambito familiare, il predominio maschilista e patriarcale è stato solo modestamente scalfito, la violenza contro i diversi è la regola, soprattutto gli omosessuali che a volte vengono letteralmente buttati fuori casa dopo un timido coming out.
Poi, certo, ci sono le famiglie per bene e per fortuna sono anche tante. Ma ciò non vuol dire che le patologie della vita familiare debbano essere dimenticate o, peggio ancora, esplicitamente negate in quanto “temi irrilevanti”, come ci hanno detto i promotori dell’appuntamento bacchettone.
In sostanza siamo a due visioni opposte della vita familiare che, come dice la sentenza Oliari (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 21 luglio 2015), non può essere negata a nessuno e in particolare alle persone Lgbt (e infatti l’Italia è stata condannata al risarcimento delle coppie ricorrenti e occorre riconoscere al governo Renzi di non aver fatto ricorso alla Grande Chambre contro la sentenza). Anche il Trattato di Lisbona, a cui è associata la Carta dei diritti fondamentali della UE, riconosce a tutti il diritto alla vita familiare (gli articoli 7, 9 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, entrata in vigore il 1° dicembre 2009).
E allora? Allora, da una parte ci sono i bigotti veronesi che, contro la storia, pretendono di riconoscere solo l’unione tra uomo e donna, ma solo se “aperta alla riproduzione” (parentesi: come la mettiamo con milioni di coppie etero che non vogliono o non possono fare figli?), e chiedono che lo Stato sostenga questo modello etero-riproduttivo escludendo tutti gli altri. Dall’altra parte ci sono la realtà, la vita, le persone vere. In Italia meno del 40% della popolazione oggi vive in una famiglia “tradizionale”. Nel nord Europa il dato è ancora più marcato: in Danimarca siamo al 25%.
Paradossalmente, quindi, gli oscurantisti di Verona chiedono l’esclusione e la discriminazione della maggioranza delle cittadine e dei cittadini italiani. Nessuno di noi si è mai opposto a misure di sostegno della vita familiare, anzi. È l’ipocrisia della destra italiana a dimenticare i veri problemi della famiglia e del welfare familiare, a partire dai 2 milioni e 850 mila disabili gravi, assistiti da 8 milioni di caregiver familiari senza nessun sostegno dallo Stato. Dove sono le politiche di sostegno, al di là della propaganda familista?
Ci dicono che c’è famiglia se c’è un uomo e una donna con i figli, punto. Noi diciamo che c’è famiglia dove ci sono due persone che si vogliono bene, indipendentemente dal fatto che siamo due donne o due uomini, o una o due trans, o due persone che banalmente decidono di costruire la loro vita come vita familiare. Cos’è o cosa non è famiglia lo decide Salvini col travestimento di turno? O la sfilza di bigotti di cui ha infarcito il suo partito? Chi devo amare, come lo devo fare, come devo vivere e come posso morire lo decide Gandolfini, o Pillon, o il tipo di Crotone di cui non ricordo nemmeno il nome, e che pretende che la donna sia serva e schiava in casa?
Il capo leghista, bontà sua, dice che non è interessato a come le persone fanno l’amore in casa propria tra le mura domestiche. Ma qui non è solo una questione di sesso: il tema è il rispetto della vita familiare altrui, dell’idea che c’è famiglia dove ci sono gli affetti, dove le persone si sostengono a vicenda, dove ci si aiuta, dove si è solidali, e dove – perché no? – assieme all’amore c’è amicizia, stima, e desiderio l’uno dell’altro o l’una dell’altra.
Chi lo decide? Semplice: lo decidono le persone, una per una, e non certo l’internazionale bigotta.
La vera differenza tra democrazia e i regimi autoritari da cui provengono i relatori di Verona è tra libertà e autonomia dell’individuo e l’autoritarismo che sgorga a piene mani dai vari Orban e dai vari Smirnof, che parlano a vanvera delle vite degli altri (la citazione non è casuale) come se milioni di persone non esistessero e come se non esistesse la loro volontà.
E nemmeno la Storia. La famiglia mononucleare e “tradizionale” come la si propaganda oggi non è sempre esistita: si può dire che c’è da due secoli o poco più, essendo il frutto di quell’economia tayloristico-fordista che ha trionfato tra l’800 e il 900 e a cui serviva la riproduzione a basso costo della forza lavoro. Si abitava vicino alla fabbrica e la vita era predeterminata: si nasceva, ci si fidanzava, ci si sposava, si facevano figli che andavano ad occupare il posto di lavoro dei padri e si moriva.
È ancora così oggi? Direi proprio di no. Può piacere o non piacere (e molti aspetti non piacciono nemmeno a me) ma quella società in gran parte non c’è più e la rivoluzione digitale e la robotizzazione la cambieranno ulteriormente. Ora e sempre di più in futuro le famiglie saranno frutto di una scelta basata sulle affinità tra due persone, sugli affetti, sulla speranza di felicità che una relazione può offrire.
Se ne facciano una ragione i bigotti e anche lo Zelig della politica italiana che balbetta quando gli dicono che esistono famiglie gay felici e che felici sono anche i loro bambini. La destra omofoba e bigotta può vincere qualche elezione sfruttando e promuovendo tutte le paure del mondo, ma non può cambiare il corso della storia o farci tornare indietro di secoli, magari all’epoca romana, quando dalla Rupe Tarpea un padre poteva gettare nel precipizio i figli che non voleva. O come proprio a Verona dove due ragazzi, Giulietta e Romeo, si suicidano a causa delle assurde rivalità tra le loro famiglie di origine.
Nel passato la famiglia è stata anche questo orrore, che speriamo non si ripeta mai più anche grazie alle famiglie Lgbt e a quel meraviglioso pluralismo delle nuove famiglie che non piacciono agli adunati di Verona ma che possono essere l’occasione di un mondo più amorevole e più felice.