Da Fiammetta Borsellino a Paolo Mieli, da Ilaria Cucchi a Luca Bizzarri, da Liliana Cavani a Sabino Cassese, da Marta Herling a Rocco Papaleo: è interminabile la schiera di figure del mondo della cultura, dello spettacolo, dell’attivismo, della magistratura che stanno levando la loro voce per salvare Radio Radicale dalla chiusura.
Voci che si stanno intensificando soprattutto dopo che Vito Crimi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Editoria, ha dichiarato il 15 aprile a Milano: «È intenzione di questo governo, o almeno mia e del MiSE che abbiamo seguito il dossier, non rinnovare la convenzione con Radio Radicale» e dopo che Massimo Bordin, voce storica dell’informazione libera italiana e direttore dell’emittente radiofonica per 19 anni, è venuto ieri a mancare.
La convenzione con il governo (risalente al 1994 e da allora sempre rinnovata con un’erogazione annua di 10.000.000 di euro per la trasmissione delle sedute parlamentari) e il finanziamento pubblico, che Radio Radicale riceve in quanto radio di partito, sono per la stessa le uniche fonti di finanziamento. Venendo queste meno, la storica emittente, che non trasmette pubblicità, è destinata così a chiudere il 21 maggio.
Verrebbe così a cantarsi il De Profundis su una Radio che dal 1975 trasmette integralmente eventi di attualità politica, senza tagli, selezioni o mediazioni giornalistiche. Ma che, soprattutto, contrariamente a quanto detto ieri dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede («Ricordo che abbiamo un servizio pubblico finalizzato a garantire la conoscenza da parte dei cittadini dei lavori delle istituzioni, un servizio pubblico rispetto al quale, lo ricordo, i cittadini pagano un canone»), offre un servizio non sovrapponibile a quello di Gr Parlamento, dato che il canale Rai trasmette solo alcune sedute, e, fra l’altro, anch’esso pubblico.
E sono i numeri a parlare al riguardo: 23.925 udienze di processi, 14.163 sedute parlamentari, 226.335 oratori d’archivio, 378.619 schede audio/video. Numeri che testimoniano come Radio Radicale, fedele al motto di einaudiana memoria «Conoscere per deliberare», sia uno dei grandi baluardi della memoria storica collettiva.
Memoria che si vorrebbe cancellare con un colpo di spugna. Ma, come ricorda la scritta posta sulla porta 8 dello Stadio Nazionale di Santiago del Cile, dove tra il settembre e il novembre 1973 furono detenuti, torturati e talora uccisi numerosi oppositori al regime militare di Pinochet, «un pueblo sin memoria es un pueblo sin futuro».
Anche la redazione di Gaynews si unisce, pertanto, agli appelli per salvare Radio Radicale dalla chiusura e lo fa attraverso le dichiarazioni del suo direttore Franco Grillini, leader storico del movimento Lgbti italiano ed ex-parlamentare.
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