Dopo il caso delle due mamme di Fidenza la procura di Parma torna a opporsi al riconoscimento della bigenitorialità per coppie di persone dello stesso sesso.
Questa volta il procuratore capo Alfonso D’Avino e il sostituto procuratore Umberto Ausiello hanno presentato ricorso nei confronti di quattro atti di riconoscimento di bambini, compiuti, il 21 dicembre, da donne unite civilmente o conviventi con le madri naturali. I riconoscimenti erano stati fatti dinanzi al sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, in qualità di ufficiale dello Stato civile.
A darne notizia, anche questa volta, D’Avino in un comunicato che per uno dei casi parmensi ha espressamente richiamato la somiglianza con quello relativo al Comune di Fidenza, pur rilevando che l’ufficiale di Stato civile aveva rifiutato di ricevere l’atto di riconoscimento. Cosa che aveva portato le due donne fidentine a presentare ricorso al Tribunale e a spingere la Procura a intervenire, chiedendo il rigetto del ricorso.
Anche la vicenda di Parma si inserisce, secono la Procura, «nel solco del delicato problema della possibilità che un bambino, riconosciuto alla nascita soltanto dalla madre, venga poi riconosciuto come proprio figlio anche dalla donna, convivente o unita civilmente con la madre naturale». Possibilità «che, nell’ordinamento italiano, ad oggi – viene osservato – nessuna norma consente o prevede».
Nonostante lo sbarramento normativo i sindaci di alcuni Comuni hanno ritenuto di poter ricevere le dichiarazioni di riconoscimento successivo, mentre in altri casi, quando la richiesta non è stata accolta dal Comune, alcuni Tribunali hanno ordinato all’ufficiale di Stato civile di ricevere gli atti di riconoscimento. «La Procura di Parma, invece, rifacendosi ai principi della separazione dei poteri e del rispetto della legge – si legge ancora nel comunicato di D’Avino – ha sostenuto l’illegittimità degli atti di riconoscimento in questione».
Nel ricorso la Procura ha infatti evidenziato che, secondo le norme del Codice civile e dell’ordinamento dello Stato civile, «l’atto di riconoscimento successivo è previsto solo per il figlio nato fuori dal matrimonio e può essere effettuato esclusivamente dalla madre e dal padre che non lo abbiano riconosciuto al momento della nascita». Pertanto, visto che nei quattro casi in questione il riconoscimento originario del bambino era stato effettuato solo dalla madre, quello «successivo poteva essere effettuato esclusivamente dal padre e non da un’altra donna, che ovviamente non è madre né tantomeno può essere padre».
A sostegno della tesi contraria al riconoscimento, la Procura ha prodotto anche una relazione tecnica da parte dell’Ufficio di Stato civile di Parma, «che si è espresso nel senso di ritenere non accoglibile il riconoscimento richiesto dalle coppie omosessuali, proprio perché non previsto dal nostro ordinamento (tanto che il sindaco è dovuto personalmente intervenire per ricevere gli atti di riconoscimento successivo)».
La Procura ha poi passato in rassegna alcune pronunce giudiziarie precedenti (che avevano ritenuto ammissibili i riconoscimenti), criticandone le motivazioni, proprio per lo stridente contrasto con l’attuale normativa. Infine D’Avino è tornato, come già fatto per il caso fidentino, a dichiarare: «Neppure la legge Cirinnà, che ha introdotto le unioni civili tra coppie dello stesso sesso, ha inteso legiferare in materia di filiazione di coppie omosessuali». Il Tribunale dovrà ora fissare l’udienza per la decisione sui ricorsi.
Non si è affatta attendere la risposta di Pizzarotti, che su Fb ha scritto: «La procura di Parma ha annunciato ricorso contro il nostro riconoscimento di 4 bambini da parte di coppie dello stesso sesso. Donne che si amano con semplicità, e che al mondo chiedono soltanto di poter amare, curare e crescere i loro bambini.
Rispetto le idee e le opinioni di tutti, ma sui diritti è necessario essere coraggiosi e andare avanti. Se la politica nazionale non ha coraggio, e anzi spesso fomenta odio su questi temi creando leggi lacunose e interpretabili, sta ancora una volta ai sindaci porsi come frontiera dei diritti dei propri cittadini.
In Italia sono stati fatti decine di riconoscimenti in questi anni, ma evidentemente un confronto in punta di legge doveva vedere Parma come la prima città a dover difendere un diritto. Lo faremo ancora una volta perché Parma era, è e resterà la Città dei Diritti».