In libreria dal 23 maggio, Prometeo Beat è il nuovo libro di Fabrizio Petri, presidente del Comitato interministeriale dei Diritti umani e Presidente di Globe-Mae (Associazione di dipendenti Lgbti del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale).
Prometeo Beat, pubblicato per Moretti&Vitali, offre un nuovo sguardo sulla nonviolenza e sul ruolo che ha giocato nella nascita della società in rete.
Il libro, suddiviso in due parti, Dharma Road e Devi Cyberpunk, conduce il lettore tra Occidente e India e si presenta quale seducente affresco dei movimenti controculturali, dalla Beat Generation e dalla Rivoluzione Psichedelica al movimento Punk e Cyberpunk.
Un fantasmagorico percorso ricco di avvenimenti e colpi di scena, costellato da numerosissimi protagonisti di quegli anni, primi fra tutti due omosessuali: Allen Ginsberg e Derek Jarman.
Fabrizio, il suo libro attraversa fenomeni controculturali importanti della seconda metà del ‘900 nel segno della nonviolenza. Come mai questa scelta? C’è posto, nella società digitale, per le espressioni controculturali? Si può ancora sperare in strategie politiche nonviolente?
Il romanzo “Prometeo Beat” vuole far emergere l’inlflusso che la nonviolenza ha avuto nella nascita della società in rete. Quando fu inventato il personal computer, nel 1976, le grandi società tecnologiche USA di allora dissero che era un’invenzione inutile “chi mai avrebbe bisogno di un computer a casa?”. Ecco dunque che, accanto ai fattori militar-industriali ed accademico-scientifici che indubbiamente contribuirono a creare Internet, occorre comprendere che ci fu anche una visione connettiva più ampia, più democratica, che piegò le tecnologie a utilizzi diversi, non pensati in origine.
Questa visione l’avevano gli Hacker ed essa era tributaria della Controcultura – con cui gli hacker erano direttamente collegati come emerge nel romanzo – che sin dall’inizio degli anni sessanta parlava di intersoggettività. Personalità come il poeta Allen Ginsberg, leader della Beat Generation, o lo scrittore Ken Kesey (autore di “Qualcuno volò sul nido del cuculo”) uno dei padri della Rivoluzione Psichedelica, solo per menzionare due dei protagonisti del mio romanzo, furono determinanti nel contribuire a creare quella visione connettiva. Io la chiamo “accezione connettiva della nonviolenza”. Capovolgerei pertanto la domanda e direi piuttosto: oggi siamo totalmente immersi, ancorché in maniera per lo più inconsapevole, in una visione nonviolenta che e’ alla base della società in rete. Non a caso il sottotitolo del romanzo è “L’ascesa della nonviolenza universale”. E capirlo impone delle responsabilità….
Tra i personaggi che incontriamo nel suo libro, due dei più importanti, Ginsberg e Jarman, sono omosessuali. Che apporto ha offerto la comunità Lgbt alla diffusione della nonviolenza? Si può ancora parlare di una controcultura gay?
Ho scritto qualche anno fa un articolo su “omosessualità e nonviolenza”. Penso che chi ha fatto – come le persone Lgbti – un percorso interiore di accettazione a fronte di situazioni sociali non facili, chi ha dovuto soffrire ma ha saputo trasformare la sua sofferenza in una forza, ecco tutti e tutte costoro hanno un patrimonio di sensibilità che li accomuna alla nonviolenza. Perché la grandezza di Gandhi è stata proprio trasformare la sofferenza individuale e collettiva in una forza socio-politica: la nonviolenza. Se essere nonviolenti è una scelta, ebbene le persone Lgbti, come tutte le persone discriminate, hanno un potenziale per essere nonviolenti che dovrebbero usare.
Attraverso Allen Ginsberg e Derek Jarman, nel mio romanzo mostro non solo quanto ciò sia possibile, ma anche quanto tutto ciò porti una radicale – e salutare – verità in seno alla società. Unire militanza gay a quella nonviolenta significa scardinare ogni luogo comune. Inoltre io credo che sia ancora vero oggi quello che Ginsberg disse in una famosa intervista, ripresa anche nel bel film Urlo: che essere se stessi come gay, scrivere cose gay come autori gay, sia una maniera per rendere tutti più liberi.
Quali personaggi della nostra contemporaneità crede possano interpretare in maniera più completa i valori della nonviolenza? C’è la speranza di costruire un mondo più altruista e solidale?
Proprio per le ragioni che tratto nel romanzo penso che ci sia molta più nonviolenza di quanto non si immagini. Se si decide di sintonizzarsi con tale onda emotiva ci si rende conto di quanto nei miliardi di e-mail e messaggi vari che ci si scambia giornalmente nel mondo – letteralmente miliardi al giorno – conti soprattutto il desiderio di connettività Sapere, scambiarsi informazioni, affetto, vicinanza, lavorare, fare business, cose simili in quantità come quelle odierne erano impensabili fino a pochi anni fa, ed esse sono immensamente di più che non i messaggi negativi. Senza arrivare a simboli mondiali come Malala, mi hanno commosso l’avvocata Lucia Annibali, sfigurata con l’acido dal suo ex, e che ha deciso di perdonarlo. Non ho mai creduto nella vendetta, davvero la miglior risposta e’ essere felici. Lo stesso per il giovane nuotatore Manuel Mateo Bortuzzo, che sta reagendo con uno slancio profondamente nonviolento all’aggressione che lo ha menomato.
Oggi chi vuole reagire con la mitezza, con la nonviolenza, chi crede nel messaggio di integrità che Gandhi ha reso universale, sa che il terreno è fertile, forse quanto non mai prima nella storia. Il mondo è sempre più uno, la violenza è irrazionale, e credo, per tornare alla comunità Lgbti, che i gay, le lesbiche, le persone transgender e tutti gli altri Lgbti, debbano fare di più, debbano mettersi alla testa del movimento nonviolento. In fondo un film come “Pride” parla proprio di questo e certi messaggi, alla fine, sono capiti e producono effetti molto più grandi di quanto non si immagini