È morto per complicanze da Aids, presso l’Aga Khan University Hospital di Nairobi, Binyavanga Wainaina.
Lo scrittore pluripremiato e attivista a livello mondiale per i diritti Lgbti aveva 48 anni. Nel 2016 aveva dichiarato d’essere sieropositivo. Pur non riuscendo a vincere la sua battaglia contro l’Aids, Binyavanga Wainaina ha vinto quella contro i pregiudizi che in Kenya e in altri Paesi del continente africano esistono nei confronti di chi è omosessuale. Fra l’altro, venerdì 24 maggio, la Corte Suprema del Kenya dovrà esprimersi sulla decriminalizzazione dell’omosessualità. Battaglia per cui si era speso negli ultimi anni di vita.
Nel gennaio 2014 Wainaina aveva fatto coming out, pubblicando per la prima volta un breve racconto intitolato I am a homosexual, mum: una lettera aperta alla madre deceduta, in cui esprimeva le difficoltà e il dolore di essere una persona omosessuale non dichiarata. In aprile la rivista Foreign Policy lo avrebbe inserito tra i Leading Global Thinkers, la lista degli intellettuali più influenti del pianeta.
Nato a Nakuru nel 1971, Wainaina, infatti, era già riconosciuto come un gigante della letteratura contemporanea africana. Vincitore di diversi premi letterari prestigiosi, si era aggiudicato nel 2001 il Caine Prize for African Writing per il racconto Discovering Home.
Nel 2003 aveva fondato la rivista Kwani?, mentre nel 2005 aveva pubblicato su Granta l’articolo satirico How to write about Africa contro i clichè occidentali sul continente africano: tradotto in venti lingue, risulta essere ancora il più cliccato sul sito web della rivista.
Da allora Wainaina era vissuto tra gli Stati Uniti e il Kenya, scrivendo, tra gli altri, per The New York Times, The Guardian e National Geographic. A New York, inoltre, dirigeva il Chinua Achebe Center for African Writers and Artists del Bard College.
Sul suo seguitissimo blog Africasacountry.com si raccontava in prima persona: la famiglia, l’omosessualità, la vita quotidiana, le battaglie. Tra le pagine più salienti del suo diario online quella sul coming out, la malattia, l’amore per il compagno e l’aggressione razzista, subita nel 2017 a Berlino da parte di un tassista.
«Ha demistificato e umanizzato l’omosessualità – aveva scritto di lui l’autrice statunitense di origine nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie -. sentendosi in obbligo di sgretolare tutta la vergogna che la gente prova ad essere gay».
Sui social in poche ore, dopo l’annuncio della sua scomparsa da parte della famiglia, sono stati postati migliaia di messaggi di cordoglio.